Sono passati circa due anni dal periodo di Alitalia allo sbando e dei cosiddetti "Capitani coraggiosi", gli imprenditori che l'allora presidente del consiglio Silvio Berlusconi aveva chiamato a raccolta per salvare dal fallimento la compagnia di bandiera. Ognuno di questi "Capitani" avrebbe dovuto versare di proprio un capitale consistente da investire nella compagnia aerea nazionale per poi scegliere una strada di privatizzazione, o anche di cessione, nei confronti dei tanti interlocutori che all'epoca sembravano essere interessati. Oggi i tanti interlocutori sono rimasti solo due: e dei capitani coraggiosi non c'è più alcuna traccia.

Sono rimasti invece i debiti, molti, le rotte, ancora non competitive rispetto ad altri colossi con perdite di gran lunga inferiori, e i costi. Che nonostante tagli pesanti restano ancora superiori alle necessità di un bilancio ormai insostenibile.

Dunque su Alitalia cominciano ad aleggiare gli stessi interessi che si erano già palesati due anni fa, quelli di AirFrance e di Lufthansa principalmente, cui si è aggiunto in queste ultimi giorni il colosso arabo Etihad che in due settimane di trattative ha fatto più strada dei suoi competitor europei in due anni.

Perché se è vero che Lufthansa aveva tutto l'interesse ad acquisire Alitalia proprio per contrastare AirFrance, non voleva accollarsi tutti i debiti che voleva invece riversare sul governo italiano, è altrettanto vero che AirFrance non ha una situazione rosea ed è a sua volta indebitatissima.

Potrebbe comprare Alitalia, creare sinergie commerciali e di rotte: ma questo le due compagnie, che sono partner della cosiddetta SkyAlliance, un cartello di venti compagnie nelle quali AirFrance e KLM dettano la voce più forte, Alitalia e AirFrance lo fanno già da anni. E i francesi una volta acquisita la compagnia italiana a un prezzo di gran lunga inferiore al suo valore reale, non avrebbero un euro da investire in nuovi mezzi o per pagare i debiti che sono ancora moltissimi.

AirFrance, come Lufthansa avrebbe voluto Alitalia per spostare verso Parigi tutto il traffico internazionale e intercontinentale rafforzando dunque il ruolo dell'hub parigino. Ma Lufthansa aveva in mente esattamente la stessa cosa, per privilegiare Monaco, Francoforte e ovviamente Berlino.

Nel duello franco-tedesco sono arrivati, con i soldi in mano, gli arabi di Etihad che hanno iniziato una trattativa frenetica che potrebbe già chiudersi entro la fine del mese.

Questa per lo meno è l'aspettativa di Maurizio Lupi, sottosegretario ai trasporti che sta curando personalmente le trattative tra le due parti in un dialogo continuo con l'amministratore delegato di Etihad James Hogan.

I fini degli arabi non sono certo quelli di fare beneficenza e nemmeno di acquisire Alitalia come gioiello di famiglia; gli arabi stanno cercando di prendere possesso del mercato europeo in modo sostanziale e molto aggressivo. E i loro motivi di interesse in questo momento sono due: i media, ed è per questo che investono un sacco di soldi nelle società di calcio (Arsenal, Manchester City, PSG e Monaco solo per citare i casi più eclatanti) e compagnie aeree. Il progetto a lungo termine è quello di spostare verso Dubai il fulcro degli spostamenti aerei tra Estremo Oriente e Stati Uniti rendendo le varie compagnie satellite, quale diventerebbe Alitalia, una sorta di connettore locale e continentale.

Le trattative sono in uno stato avanzato: Etihad vuole pagare Alitalia poco, o comunque poco più di quanto l'avrebbe pagata AirFrance ma sarebbe pronta a investire sugli aeromobili e ad accollarsi gradualmente i debiti che la compagnia nazionale si porta dietro. Il tutto potrebbe valere circa 300 milioni di euro per una quota dal 30 al 40% del pacchetto azionario. Etihad non vuole la maggioranza fin dall'inizio perché Alitalia ha una situazione economica tutt'altro che chiara oltre a una serie di contenziosi che da soli, nella peggiore delle ipotesi, potrebbero portare altri 600 milioni di euro di esborso.

Una vertenza riguarda AirOne che è già costata ad Alitalia, quale acquirente della ex compagnia di Carlo Toto, 38 milioni di euro.

Ma il debito nei confronti dell'Agenzia delle Entrate non è ancora estinto. Un secondo contenzioso riguarda invece la WindJet di Antonino Pulvirenti, presidente del Catania, la cui compagnia è fallita nel 2012 lasciando a terra i suoi 15 aerei e a casa i suoi dipendenti.

La trattiva continua: la deadline è per il 31 marzo. Ogni giorno Alitalia perde un sacco di soldi. E ogni giorno che passa la avvicina verso il rischio di un fallimento che stavolta il governo, con la sua politica di tagli ed economie, non sarebbe più in alcun modo in grado di ammortizzare.