Il 31 dicembre 2015 i diritti d'impianto dei vigneti non saranno più in vigore e saranno sostituiti da un'autorizzazione all'impianto. È una novità importante all'interno di un panorama vasto come la viticoltura, specie in Italia, rappresenta un punto di svolta delicato quanto interessante e se da un lato riguarda una necessità comunitaria dall'altro può rappresentare un fattore di rischio per le imprese agricole.

Vediamo di fare un po' di chiarezza. Fino ad oggi per essere in regola col vigneto il viticoltore doveva essere proprietario del diritto d'impianto relativo al vigneto.

Diritto d'impianto significa essere possessore di una carta che a tutti gli effetti rappresenta un equivalente economico, un investimento che l'azienda decide di effettuare consapevole che un domani avrà modo di riscattarlo mettendo a sua volta in vendita il diritto. Con la nuova regolamentazione della Comunità Europea tutti i diritti presenti sul suolo italiano (e si parla di una stima attorno ai 50000 ettari) potranno essere convertiti in un'autorizzazione all'impianto ma non esisterà più un mercato di compravendita degli stessi.

Il tema delle liberalizzazioni, argomento importante negli ultimi anni, giunge così ad interessare anche una delle più forti tradizioni italiane andando a modificare una legislazione inerente ad un prodotto di qualità che da sempre pone l'Italia in una posizione di prestigio a livello mondiale.

Pur volendo essere ottimisti nel giudicare la novità, valutandone aspetti di convenienza oltre che di pericolo, l'interrogativo su cui il settore enologico italiano si trova a meditare è fondato e non trascurabile: riuscirà il prodotto a resistere mantenendo la sua eccellenza? Il rischio di veder trasformato a valore nullo un diritto equivalente a migliaia di euro è un aspetto della situazione, importante e controverso, il pericolo di assistere ad un accrescimento del territorio coltivato a vigneto per contrastare un fenomeno di impoverimento dello stesso può invece essere un punto a favore della nuova strategia comunitaria ma potrebbe anche dar luogo ad un effetto inverso in cui una produzione quantitativa andrebbe ad arrecare danno ad una forma di coltivazione che punta al risultato di qualità esigendo il rispetto di alcune regole di indubbia efficacia.