Da oggi, mercoledì 25 febbraio, Charlie Hebdo torna in edicola con una tiratura che si aggira attorno ai due milioni e mezzo di copie. Il giornale satirico ricomincia la sua avventura, una specie di missione di cui gli autori si sono fatti portavoce con uno stile a nostro giudizio discutibile. Neppure l'atroce attentato del 7 gennaio è riuscito a farli desistere, dopo una pausa neppure troppo lunga ecco che si riparte. Non bisogna arrendersi di fronte alla cattiveria dei jihadisti, bisogna restare uniti, continuare a combattere e perseverare. Come prevedibile.

"Non gli è servita la lezione", potrebbe pensare il fanatico islamico. Tutto secondo copione. Ora, che quanto accaduto nella redazione del giornale sia un fatto agghiacciante dovremmo essere tutti più o meno d'accordo, almeno noi persone dotate di una razionalità per così dire moralmente corretta. L'attentato è stata una vendetta vigliacca, un'azione terroristica che senza ombra di dubbio le nostre coscienze si sentono in obbligo di condannare. Però, proprio perché ci riteniamo un'intelligenza evoluita, diventa doveroso anche andarne a giudicare le motivazioni che hanno portato a quanto accaduto. Ora, che l'Isis, il movimento islamico estremista e tutta l'ideologia di violenza ad essi collegati, siano un progetto fanatico e abominevole, è una certezza che noi ci sentiamo in dovere di combattere e per nessun motivo tollerare, ma anche vero è che la provocazione generata dalle penne dei fumettisti francesi è una presa di posizione che si allontana dalle più consuete forme di altruismo e fratellanza.

Quel che più ci infastidisce nel modo di fare satira del giornale francese è una mancanza di rispetto verso un intero popolo e nei confronti della loro guida spirituale, la loro modalità di schernire non punta diretta al bersaglio ma lo va a colpire attraverso uno dei sentimenti più cari dello stesso. È un po' come se un comico invece di fare ironia sui modi di fare e di gesticolare del politico usasse la figura del politico per deridergli la madre.

Diventa una forma di umiliazione molto più incisiva ed efficace che va a ferire nel profondo senza lasciare traccia sulle carni. Questo concetto è quel che anche Papa Francesco ha voluto comunicare nei giorni seguenti l'attentato ed è un concetto cristiano che noi ci troviamo a condividere pienamente. Quelli del Charlie Hebdo no, infatti sulla copertina del nuovo numero sono raffigurati il Papa, Marine Le Pen, Nicolas Sarkozy e un lupo che rappresenta nel ruolo il temibile jihadista.