Come ai tempi dello spread, “bail in” è un termine dell’economia di scuola anglosassone che comincia a far capolino anche in Italia in ragione del recente decreto del governo salva-banche. Più o meno si potrebbe tradurre in “garanzia interna”, che si oppone al “bail out”, vale a dire la procedura che prevede il salvataggio di una società da parte dello Stato. A partire dal 2016 le banche in difficoltà saranno salvate anche con il contributo dei correntisti. Niente soldi dallo Stato e dalle banche centrali, ma attraverso la riduzione del valore delle azioni e di alcuni crediti superiori ai 100mila euro sui conti correnti si tenterà di ricapitalizzare gli istituti bancari.

E’ opportuno sottolineare che, in tale spiacevole caso gli azionisti non potranno subire perdite maggiori di quelle che subirebbero se la banca fallisse.

Cosa accadrà dunque dall’anno prossimo? La Banca d’Italia ha diffuso una serie di informazioni allo scopo di chiarire al massimo il concetto di “bail-in”. A pagare errori e illeciti nella gestione delle banche saranno da oggi in poi chiamati principalmente gli azionisti, quindi gli obbligazionisti e i correntisti che avessero un conto superiore ai 100mila euro.

Poi si potrà intervenire su alcune categorie di creditori, i cui titoli possono essere trasformati in azioni per ricapitalizzare la banca. E’ dunque buona norma da parte degli investitori comprendere i rischi di alcune tipologie di investimento al momento della sottoscrizione.

Ci sono tuttavia dei beni esclusi dal bail in: non possono né essere svalutati né capitalizzati. Si tratta, come detto, di conti correnti fino a 100mila; il contenuto delle cassette di sicurezza o titoli posseduti in un conto speciale; i debiti verso i dipendenti, quelli commerciali e fiscali.

Ma i depositi oltre i 100mila euro potranno essere esclusi dalla procedura per evitare rischi.

Come dovrà saggiamente fare un investitore prima di acquistare titoli? Innanzitutto verificare l’autorevolezza delle agenzie internazionali di consulenza, poi chiedere il parere gli analisti al momento dell’acquisito o della vendita del titolo. Resta la consapevolezza che il rischio aleggerà come uno spettro in presenza di un consulente disonesto o spregiudicato perché la finanza non è materia per tutti.