«Segui i soldi e troverai la mafia». Questa geniale intuizione permise al giudice Giovanni Falconedi mettersi con successo sulle tracce dei nuovi affari transnazionali delle cosche.
Oggi seguire i fiumi di danaro significa individuare la compravendita di droga, il contrabbando di armi e il controllo degli appalti pubblici. Uno studio della Commissione europea ha quantificato in 351 miliardi di euro il valore di tutte le attività contrattuali per servizi e opere nel settore pubblico nel 2011 in Italia.
L’enorme massa di risorse pubbliche, spesso gestita arbitrariamente con criteri poco chiari – emerge dal rapporto di Avviso Pubblico – ha scatenato interesse occulti che si sono consolidati proprio in concomitanza della restrizione dei bilanci degli enti locali.
E’ questo lo scenario privilegiato nel quale si realizzano le più pericolose infiltrazioni delle organizzazioni criminali. Così il mercato degli appalti inquinati genera profitti illegali superiori anche ai tradizionali business come quello della droga.
Ma è sbagliato pensare che tali dinamiche interessino soltanto le grandi opere, commissionate in (presunte) condizioni di emergenza, le imprese mafiose sanno assicurarsi appalti preziosi anche nelle attività al servizio delle fasce più deboli e indifese della cittadinanza. Esiste infatti un collaudato sistema di “regolazione”, funzionale alle relazioni tra faccendieri e colletti bianchi, corrotti e corruttori che sfociano in accordi criminali.
In questo contesto le organizzazioni mafiose assicurano protezione contro qualunque iniziativa che possa insidiare la stabilità dei comitati d’affari, la tranquilla spartizione delle gare d’appalto, la ripartizione delle tangenti tra i corrotti.
Per tali ragioni, quando gli amministratori pubblici si oppongono con coraggio e determinazione alle violazioni delle regole finiscono sotto tiro, coinvolgendo, loro malgrado, colleghi di lavoro e familiari.