L'Organizzazione dei Paesi Esportatoridi Petrolio, meglio nota come OPEC, ha iniziato la sua attivitànel 1960 e attualmente fanno parte dell'organizzazione dodici paesi tra cuiArabia Saudita, Iran, Iraq, Emirati Arabi UnitieKuwait, che figurano tra i primi dieci produttori di petrolio al mondo insieme a Stati Uniti, Canada, Messico, Brasile e Russia. Questo significa che una parte considerevole del petrolio presente sui mercati internazionali proviene dai paesi membri dell'OPEC, che insieme controllano la più grande fetta di un mercato che frutta miliardi di dollari ogni anno.

L'enorme peso sul piano economico e finanziario dei paesi dell'OPEC fa sì che l'organizzazione possa agire come un cartello economicoche, a meno di situazioni particolari, possono controllare a proprio piacimento il prezzo della materia prima, che negli ultimi decenni ha assunto un ruolo sempre più centrale nelle economie mondiali.

Il 1974 ha segnato un punto di svolta per il mercato petrolifero, vedendo la progressiva fluttuazione del prezzo del greggio, passato in pochissimi mesi da poco meno di 10 dollari al barile a ben oltre 40 dollari al barile e poi subendo negli anni successivi numerose variazioni e fluttuazioni che avrebbero portato a profonde crisi economiche, con la standardizzazione dei prezzi fissati mediamente tra i trenta ed i settanta dollari.

Punto di forza per l'OPEC che permette il mantenimento di un prezzo elevato del petrolio è la continua e costante richiesta che da soli gli altri produttori non sarebbero in grado di soddisfare, ed il solo modo per ridurre il prezzo è conseguenza di una riduzione della domanda, ed è ciò che si è tentato nell'ultimo periodo con diverse strategie che si trascinano dietro un enorme rischio.

Ridurre la domanda di petrolio non significa infatti ridurne la richiesta, che anzi è mantenuta costante, a causa del ruolo strategico della risorsa nella produzione di carburanti, fondamentali per le economie internazionali, e non mi riferisco tanto ad automobili e mezzi privati, quanto a mezzi pubblici, agricoli, e per il trasporto di merci lungo vie terrestri, aeree e marittime.

Tutti questi mezzi necessitano di carburante e di conseguenza di petrolio, e se da una parte si acquista "meno petrolio" dall'altra il prezzo dei carburanti resta costante, in alcuni casi aumenta, questo è dovuto alla progressiva riduzione delle scorte nei paesi acquirenti.

Il rischio di questa strategia è ben visibile agli occhi degli analisti, che individuano senza troppe difficoltà la concreta possibilità di una rapida lievitazione dei prezzi non appena la domanda reale sarà ingestibile: questa crescita potrebbe essere alimentata, come è già successo in passato, da bolle speculative che porterebbero il costo del greggio ben oltre i 100 dollari al barile, con il rischio di innescare una nuova crisi finanziaria.