Ancora fresche nella memoria e non risolte del tutto, le grane piovute sul Governo per quanto riguarda il blocco agli aumenti di pensioni e contratti statali che la Corte Costituzionale bocciò, che adesso rischia di arrivarne un’altra. Infatti, il Consiglio di Stato ha confermato quanto sancito dal Tar del Lazio, cioè che le indennità per le invalidità non concorrono alla formazione del reddito negli ISEE. Il problema è serio perché la riforma dell’ISEE, partita nel 2015, aveva previsto che queste indennità, insieme a tutte le altre di carattere assistenzialistico, convergevano nell’ISEE come normali pensioni o stipendi.

A molti italiani, per via dell’aumento dell’ISEE, sono state negate, agevolazioni che, a questo punto, gli spettavano.

Riassunto della vicenda

Alcune famiglie con componenti gravati da menomazioni fisiche e quindi invalide, hanno presentato ricorso al Tribunale Amministrativo Laziale perché non ritenevano equo che gli assegni di accompagnamento o quelli di invalidità, venissero calcolate come reddito. Per via di questa novità, a queste famiglie sono stati negati alcuni servizi agevolati perché si sono trovati a superare i limiti reddituali previsti per il loro accesso. Il Tar, in tre diverse pronunce, aveva dato ragione ai ricorrenti ed il Governo ha scelto di presentare un contro ricorso al Consiglio di Stato.

Il 29 febbraio, questa camera di consiglio, ha respinto le istanze dell’Esecutivo, rendendo definitive le sentenze del Tar.

In parole povere, negli ISEE, l’accompagnamento e tutte le altre indennità risarcitorie per le menomazioni, percepite da soggetti invalidi non devono essere considerate come reddito, perché sono aiuti concessi per tamponare l’evidente differenza della capacità di produrre reddito.

Il problema è: come faranno a rettificare gli ISEE o a consentire a questi soggetti di tornare ad ottenere le agevolazioni che gli sono state rifiutate? Ci saranno rimborsi? In più c’è la questione interpretativa perché, se è vero che , le sentenze sono rivolte a indennità per invalidi, lo stesso principio dovrebbe valere anche per tutte le forme assistenzialistiche di diversa natura.

Il Consiglio di Stato ha recitato testualmente che non concorrono a formare il reddito di una famiglia “ i trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche”.

Ipotesi di risoluzione del problema

Certezze non ce ne sono, si resta nel campo delle ipotesi, perché non è facile trovare una soluzione. Teoricamente si tratterebbe di cambiare di nuovo l’ISEE, ma calcolando le lungaggini burocratiche, l’iter sarebbe troppo lungo se pensiamo che il nuovo ISEE, emanato dl Decreto del Presidente del Consiglio, il DPCM n°159/2013, è entrato in vigore solo a gennaio 2015. Inoltre, l’INPS, le banche dati utilizzate per i controlli, i CAF e tutti gli altri professionisti abilitati non possono certo cambiare il programma di calcolo, redazione ed emissione dell’ISEE.

SI continuerà a procedere con questa evidente anomalia ed i cittadini che hanno bisogno dell’ISEE, o che lo devono rettificare alla luce delle sentenze, dovranno aspettare molto tempo. Inoltre, se oggi l’interpretazione delle sentenze e del loro impatto sull’ISEE è tanto complicato, saranno penalizzati o multati coloro che avevano omesso (per dimenticanza, perché credevano di non doverli inserire o per qualsiasi altro motivo) di indicare le indennità assistenziali che percepivano?