E'circa un anno che il rapporto tra le due monete tende alla parità è la forza dell'euro sul biglietto verde da tempo non è più la stessa. Questo indebolimento dell'euro, a favore di un super dollaro è generalmente giudicato positivo per l'economia del vecchio continente e in particolare per l'export e per quello che ne consegue dagli investimenti esteri.

Giusto un anno fa si parlava che erano ormai chiare le condizioni per una forte ripresa, merito di un insieme di coincidenze e di mirate azioni economiche, tra cui il quantitative easing, (evolutosi poi nel recente bazooka messo in campo dallo stesso Mario Draghi in cui si è portato il costo del denaro a zero), la riduzione del costo dell'energia, insieme ad un abbassamento del petrolio, portò a pensare un po' tutti gli economisti e non solo, che le "tre spinte" in campo potevano trascinare l'Europa fuori dalla crisi.

La stessa Italia avrebbe beneficiato di questi input crescendo sostanzialmente più della stessa Europa, grazie anche ad una rigorosa politica delle riforme. Ma a distanza di un anno la deflazione la fa ancora da padrona e lo stimolo che doveva arrivare dal quantitative easing non ha dato risultati e i ridotti tassi di interesse non sono uno strumento in grado di governare l’economia.

Si ci sono stati degli effetti iniziali, legati più al mondo finanziario, dati da un euro debole e tassi sulle obbligazioni governative che sono verosimilmente crollati. Non è un segreto che ad oggi oltre il 50% dei titoli governativi ha rendimenti negativi e la stessa Italia, nonostante una economia stagnante e un aumentato debito pubblico, continua a pagare sui suoi titoli di stato tassi negativi.

Questo anomalo sistema economico, sta in piedi grazie solo all'azione che mensilmente la BCE fa immettendo denaro per l'acquisto di titoli.

L'economia reale ristagna e il problema è proprio qui, sicuramente il crollo del prezzo del petrolio, non aiuta, e l'incertezza globale crea solo che nuovi timori recessivi. La liquidità della BCE come sappiamo da anni va alle banche, che dovrebbero a loro volta immetterlo nel sistema, stimolando il credito.

Ma se non ci sono reali e concrete prospettive di investimento tutto rimane nell'immobilismo più completo, restrizioni e regolamentazioni non fanno altro che inibire la crescita.

La stessa cancelliera Angela Merkel proprio ieri ha nuovamente sollevato dubbi sulle azioni della BCE, trovando in Mario Draghi il responsabile diretto che va stretto alla Germania, che indica il presidente della BCE come colpevole di questa stagnazione Europea per le discutibili politiche monetarie espansionistiche fino ad oggi attuate.

Non da meno le dichiarazioni della prestigiosa testata tedesca Bild che ha addirittura chiesto un successore tedesco al posto di Mario Draghi reo di aver minato ancor più, la già vacillante credibilità Europea.

C'è una via d’uscita a tutto questo? Che cosa si può fare in Europa?

Pensare di risol­vere la crisi inter­ve­nendo con rigide riforme nei sin­goli paesi come fatto fino ad oggi senza realmente rifor­mare la strut­tura dell’eurozona nel suo com­plesso, non è la strada corretta e l'attuale economia ne è la prova tangibile.

Andrebbe realizzata, una vera unione ban­ca­ria, di vigi­lanza e di assi­cu­ra­zione comune sui depo­siti e l’urgenza è d'obbligo visto gli inarrestabili fal­li­menti di banche e imprese, che chiaramente segnano un malessere, che mai potrà portare a pro­spet­tive di cre­scita.

Occorre un fede­ralismo di bilan­cio Europeo, una pra­tica soluzione che potrebbe con­sen­ti­re all’Europa di uti­liz­zare i propri debiti. L’austerità assoluta va abban­do­nata in sostituzione di strategie di cre­scita, perché ogni paese europeo ha necessità diverse e non solo nella produttività.

Tutto questo è inattuabile senza delle reali poli­ti­che indu­striali per la pro­dut­ti­vità specie dove le economie risultano più sofferenti, senza questo a mio avviso sarà impossibile voltare pagina e avere un reale cambiamento in Europa.