“Le Cards vanno via. I colleghi andranno in SIA dopo essere transitati per la Newco ITALIA (che fantasia), il cui pacchetto azionario sarà poi ceduto a SIA.” Sembra l’inizio di una filastrocca ma non lo è. È la frase d’apertura di un volantino a firma SALLCA UniCredit, con il quale il sindacato di base si scaglia contro le single confederate ed autonome, colpevoli di non opporre resistenza alla scellerata politica di esternalizzazioni posta in atto in UniCredit.
Cosa sta succedendo nelle banche?
Da più di un lustro, dopo cioè la grave crisi finanziaria del 2008, le banche stanno vivendo un periodo di forti tensioni occupazionali.
Esodi di lavoratori che ricordano quello biblico dei Figli d'Israele dalla terra dei faraoni, assunzioni di giovani dichiarate e (quasi) mai realizzate e la politica delle cessioni di rami d’azienda. Quest’ultimo fenomeno è ormai inserito nei piani industriali di ogni banca. Ma una simile politica industriale alla fine rischia di trasformarsi in un preoccupante licenziamento delegato ad un altro soggetto. Già perché si costituiscono NewCo ad hoc per gestire in appalto attività che fino a quel momento erano svolte internamente alle singole banche, con l’obiettivo dichiarato (e mai verificato) di generare lauti risparmi, economie che finiscono però per essere come i bit-coins: solo virtuali. Allargamento dei clienti e sviluppo del business?
Nella maggior parte dei casi rimangono una pia illusione. Ed i costi aumentano.
Ubis e l’inizio delle esternalizzazioni
Come il caso di ABAS società nata nel 2013 da una joint venture tra Unicredit (49%) e Accenture (51%) che a detta dell’amministratore delegato di UBIS di allora doveva avere più “Più lavori che culi”, il che tradotto significava: nessuna crisi occupazionale in Abas, nessun licenziamento di lavoratori UniCredit, anzi, ci saranno nuove assunzioni.
Inutile dire che di nuove commesse non se n'è visto neppure l’ombra, così come le 20 nuove assunzioni dichiarate sono rimaste solo sulla carta. Anzi, per contenere i costi, Abas ha dovuto trasferire all’estero parte delle propria attività, generando tensioni occupazionali in Italia. O come il caso di ES SSC, altra jv del 2012 tra Unicredit (49%) e HP (51%), che ora rischia di essere ceduta dalla multinazionale americana perché il business non è per niente remunerativo.
Le contestazioni del sindacato di base
Ed in questo quadro cosa stanno facendo i sindacati? Per il SALLCA poco perché “le uniche [iniziative] che ricordiamo sono le svariate firme messe su accordi per le esternalizzazioni, per i demansionamenti, per i prepensionamenti (salvando gli amici sindacalisti che ricoprivano livelli apicali, qualcUNO evitando anche tre provvedimenti e uscendo con bonus tripli rispetto ai comuni mortali)”. Nel volantino c’è un atto d’accusa nei confronti di una classe sindacale che non sembra aver adeguatamente difeso i lavoratori. Gli accordi sulle garanzie occupazionali? Facilmente aggirabili da parte datoriale; inoltre sembrano essere scritti più a tutela dell’Azienda che dei lavoratori.
Ed al riguardo nel comunicato si cita il caso DOBANK (NewCo di UniCredit con Fortress e Prelios). Sembra infatti che Dobank abbia inviato ad UBIS la disdetta dell’appalto perché ritenuto non più conveniente, facendo di fatto decadere le garanzie occupazionali previste per i dipendenti di UniCredit con gli accordi di cessione del ramo d’azienda.
L’invito del SALLCA ai lavoratori
In questo quadro è chiara la richiesta che il sindacalismo di base rivolge alle lavoratrici ed ai lavoratori di UniCredit. Occorre dare nuova credibilità al sindacato e riconquistare diritti che si vanno sempre più svilendo. Occorre ridimensionare il fenomeno delle consulenze per ridare centralità al dipendente, occorre ridare vigore allo strumento di lotta quale lo sciopero chiedendo di disdire l’accordo del 2001 sui servizi pubblici essenziali, ma occorre soprattutto creare una classe dirigente sindacale che voglia davvero rappresentare i lavoratori.