Dopo le polemiche sull’idea “aiutiamoli a casa loro” (che, ha ribadito al Tg2, è un concetto di buonsenso che non appartiene né alla destra né alla sinistra), l’ex premier Matteo Renzi torna al centro del dibattito politico italiano. Questa volta però per le sue idee in materia fiscale.

Ritornare a Ventotene, Lisbona e Maastricht

Il segretario del Partito Democratico ha rilanciato un nuovo programma di Fiscal Compact che coinvolge l’Unione europea. Nel suo libro “Avanti”, in uscita settimana prossima, (una pubblicazione considerata da alcuni un vero e proprio manifesto elettorale), Renzi spiega che vorrebbe ritornare per cinque anni ai parametri di Maastricht, con un indice del deficit del 2,9 per cento.

In questo modo, si potrebbero stanziare circa 30 miliardi di euro in cinque anni con l’obiettivo di ridurre le Tasse e riprogrammare le strategie per la crescita del Paese. “Noi abbassiamo il debito – scrive Renzi nel libro anticipato dal quotidiano Il Sole 24 Ore -, ma la strada per farlo deve essere la crescita. E per questo dobbiamo abbassare le tasse”. L’ex presidente del Consiglio insiste che l’Unione europea deve ritornare a tre luoghi fisici simbolici per riprendere la credibilità perduta: deve ricordare gli ideali di Ventotene, la strategia di Lisbona e la direzione economica di Maastricht.

L’obiettivo: deficit al 2,9 per cento

“Noi pensiamo che l’Italia debba porre il veto all’introduzione del Fiscal Compact nei trattati europei - ha scritto Renzi - e fissare un percorso nel lungo periodo.

Un accordo forte con le istituzioni europee, che possa essere rinegoziato ogni cinque anni e non ogni cinque mesi”. Secondo il segretario del Pd, l’Italia si potrebbe impegnare a ridurre il rapporto debito/ Prodotto Interno Lordo, sfruttando una crescita più forte, con un’operazione congiunta tra Cassa depositi e prestiti e il Ministero dell’Economia.

Il piano è già stato pensato, ha bisogno di rifiniture, ma l’obiettivo di arrivare al 2,9 per cento è fattibile. Renzi vuole riposizionare la sua semplice proposta di sfruttare lo spazio fiscale per ridare forza al suo piano dei 1000 giorni al governo. In questo modo, il deficit italiano potrà essere più basso da quello francese e spagnolo, e si vedrà un’inversione della tendenza debito/Pil.

Parola d’ordine: reputazione

Anticipando gli appunti dei lettori, Renzi scrive: “Per chi si domanda perché non lo abbiamo fatto prima, posso solo dire che non ce lo potevamo permettere. Quando sono arrivato al governo la parola d’ordine per gli italiani era reputazione”. L’ex premier vuole ridare un respiro all’economia, rottamare il Fiscal Compact e l’austerità per aiutare alle famiglie con figli e piccoli imprenditori. “Quando ero a Palazzo Chigi non è stato possibile farlo perché eravamo impegnati sulla flessibilità e sul Jobs Act. Tre anni fa era impossibile, ora si può fare e dobbiamo farlo tutti insieme”, ha detto Renzi.

I consigli di Sacconi

Secondo Maurizio Sacconi, presidente della commissione lavoro del Senato, “è opportuno prolungare la fase sperimentale del Fiscal Compact, per cercare di evitare in questo modo l'immediata incorporazione nei trattati”.

Sacconi spiega che però “l'Italia sarà credibile soltanto se sarà in grado di attivare una riduzione strutturale delle spese, per trovare il finanziamento strutturale della pressione fiscale". L’ex ministro offre un esempio concreto: “Si dovrebbe chiudere il buco del trasporto pubblico mettendolo a gara, senza che ci siano clausole sociali”. Per Sacconi, la stessa flessibilità sui parametri potrebbe essere accettata se correlata con rigore agli investimenti pubblici che negli anni recenti si sono ridotti. Nei nuovi negoziati con l’Unione europea, quindi, si dovrà fare l’opposto di quello che ha fatto Renzi, che ha trasformato “la flessibilità in maggiori spese correnti e incentivi fiscali smodati".