Il 10 agosto 2007 le pagine dei giornali italiani parlarono per la prima volta di crisi economica. La Stampa in quell'occasione intitolò: "Bufera mutui scuote le Borse", dedicando allo scandalo made in US la prima pagina. Oggi la crisi compie dieci anni e non sembra allentare la morsa. Partita dall'economia di un solo Paese, si insinuò nei circuiti finanziari e politici di tutto il mondo e ne corrose i meccanismi, mettendo davanti allo specchio le politiche economiche post belliche e dimostrandone le debolezze.

La Storia

Gli inizi, 9- 10 agosto 2007

Il 9 agosto 2007 la banca francese BNP Paribas rilasciò un comunicato nel quale annunciava la completa evaporazione della liquidità in certi mercati e, di fatto, congelava tre fondi destinati ai mutui americani.

Ed è proprio dalla crisi dei mutui americani che tutto cominciò: i titoli erano ormai divenuti tossici e molti cittadini smetterono di pagare il proprio mutuo perché l'immobile aveva perso valore, generando uno tsunami di portata imprevedibile sul mercato immobiliare statunitense. In pochi si accorsero dei problemi che la crescente tossicità di questi titoli stava generando: tra questi vi era Paul Krugman, Premio Nobel per l'economia nel 2008. Attraverso la disamina delle politiche economiche degli USA, Krugman denotava un crescente divarico fra le classi sociali e auspicava il ritorno del newdeal. Nella stessa mattina del 9 agosto, una telefonata dell'allora capo delle operazioni di mercato, Francesco Papadia, interrompeva la vacanza francese dell'ex presidente della Bce, Jean - Claude Trichet: stava succedendo qualcosa di molto grave nelle banche di tutto l'Occidente.

14 settembre 2007

In Gran Bretagna è corsa agli sportelli della banca Northern Rock, dichiarata a rischio fallimento e poi salvata con soldi pubblici dal governo inglese. I risparmiatori non aspettarono la manovra e in quella mattina si registrarono code per quattro/cinque ore. Era il segnale che qualcosa si era rotto negli equilibri economici.

Gli Stati Uniti adottarono inizialmente una strategia di contenimento piuttosto timida, ritenendo che la crisi fosse legata solo al mercato immobiliare. Nel frattempo, però, in Germania, le due banche principali perdevano quotazioni e valore azionario giorno dopo giorno e non lasciavano auspicare nulla di buono. In Italia, invece, le famiglie che avevano aperto un mutuo casa con interesse variabile dovettero fare i conti con il rialzo dei tassi interbancari, mentre la MontePaschi preparava l'acquisto della banca Antonveneta.

15 settembre 2008

La LehmanBrothers, storica società attiva nei servizi finanziari a livello globale, nonchè la quarta banca d'affari del mondo, dichiara il proprio fallimento e chiude i battenti. La sera prima i suoi dipendenti furono protagonisti del triste addio al proprio posto di lavoro. Uscendo dalla porta delle sede principale, caricarono gli scatoloni con effetti personali e lavorativi su taxi di passaggio e dissero addio al proprio lavoro, insieme a un altro mezzo milione di persone. Fu la più grande bancarotta nella storia degli Stati Uniti: 613 milioni di dollari di debito bancario, debiti obbligazionari per 155 miliardi di dollari e attività per un valore di 639 miliardi di dollari.

Un disastro. Il 15 settembre ebbe luogo alla Casa Bianca uno degli ultimi discorsi dell'allora presidente Bush, che parlò di "minimizzare l'impatto della crisi sul mercato interno".

Da quel giorno fu chiaro a tutto il mondo che la crisi economica non riguardava solo il mercato immobiliare, ma l'intera economia, i mercati finanziari e la stessa politica interna degli Stati. il commercio si congelò, la recessione toccò livelli altissimi (a fine 2008 il PIL italiano puntava la lancetta su - 5,8) e il mercato globale fu vittima del più grande cataclisma dalla grande crisi del 1929.

1 maggio 2010

La crisi, sbarcata in Europa da due anni, miete la prima vittima: la Grecia. Dichiarato il rischio di troika e salvata più volte dagli Stati membri, la Grecia comincia uno dei periodi più bui della sua storia.

Il piano di Austerity proposto dall'UE non convince appieno il parlamento greco che non riesce a gestire le proteste e le difficoltà dei cittadini. Com'è risaputo, si arriverà al voto del referendum per l'uscita dall'euro e all'ascesa di Alexis Tzipras e Gianis Varoufakis, che infine si dimetterà dal proprio ruolo, generando ombre che dissolverà lentamente nei suoi libri. In particolare nell'ultimo, in uscita settembre in Grecia, ha già fatto parlare di sé per le rivelazioni dell'autore, che ha creato un suo movimento alternativo per l'Europa. La crisi, però, dopo tre anni di vita si era trasformata ed adattata alle contromisure che i vari Stati avevano adottato per contenerla. Le famiglie di tutto l'Occidente non riuscivano più a pagare i mutui che nel frattempo si erano ingigantiti a causa delle manovre di salvataggio e dei continui fallimenti delle banche finanziarie più a rischio e ciò, inevitabilmente, rallentò l'economia.

L'Europa dovette affrontare una continua crisi bancaria e molti Paesi membri scaricarono la responsabilità sull'unione monetaria. Più specificamente, in Europa, si trasformò nella crisi dei debiti sovrani dell'euro e a farne le spese furono il Portogallo e l'Irlanda, oltre alla Grecia.

4 dicembre 2011

In Italia la crisi era già presente da più di tre anni, ma la sua gravità si rese evidente a tutti i cittadini quando, il 4 dicembre 2011, il ministro Elsa Fornero, durante una conferenza stanza, annunciò tra le lacrime il taglio all'indicizzazione delle pensioni. Nella stagione del Salva Italia e dei grandi sacrifici economici, i tagli e la recessione, gestite dal governo tecnico di Mario Monti, il nostro Paese era nella morsa della crisi e sembrava non poterne uscire.

Le opposizioni premevano - e alcune ancora oggi ribadiscono - per un'uscita dall'euro, i cittadini furono messi durante alla prova dai vari aumenti e dalla tassazione sempre più soffocante, oltre che dalla lotta all'evasione fiscale e ad un tentativo di risanare le politiche del precedente ventennio che l'avevano favorita. In questo modo la classe medio - borghese, il vanto italiano degli anni della dolce vita, rischiò la definitiva estinzione: il divario fra le classi aumentò in maniera radicale e il clima di sfiducia e di rabbia accrebbe il disinteresse dei cittadini verso la politica, vista come lontana dai desideri del popolo, corrotta e incapace di far fronte alle situazioni di emergenza.

A incrementare le polemiche e a distanziare ancor di più il cittadino medio dalla burocrazia europea furono anche le dichiarazioni di Mario Draghi che affermò: "La Bce è pronta a fare tutto il necessario per preservare l'euro", che per molti significò "prima vengono le banche, poi i cittadini".

I risparmiatori italiani negli anni successivi furono messi ulteriormente alla prova e il fallimento di altre banche generò polemiche e manifestazioni oltre che proteste. Tecnicamente, però, le responsabilità non sono da attribuire tanto alla moneta comune quanto alla mala gestione dei capitali da parte dei dirigenti delle medesime banche. I fallimenti, dunque, sono una diretta conseguenza degli errori di amministrazione umani, i quali, una volta esposti davanti al calore della crisi economica, sono diventati pura cenere e una volta evidenziate le falle non si è saputo come rimediare.

Biennio 2014-2015

La fase più complicata della crisi economica sembrò chiudersi nel dicembre 2013. Perciò, nei vari parlamenti degli Stati occidentali si studiò un piano per la ripresa e per il suo rafforzamento nel successivo biennio. Vi era chi sosteneva che i Paesi più avanzati dovessero rallentare, riducendo i debiti e adattandosi in questo modo ad un ritmo di sviluppo standardizzato; e vi era chi denunciava il rischio di una 'stagnazione secolare', un concetto nato negli Anni Trenta che indica come le economie soffrano di squilibri legati all'aumento della propensione al risparmio e la diretta riduzione di quella legata all'investimento. In altre parole i tassi d'interesse reali restano schiacciati e la crescita frena, con diretto aumento dell'inflazione.

Le banche però non accettarono questa situazione di stallo e optarono per l'aumento della produzione di moneta. L'idea si presentò come il giusto compromesso fra le due linee di pensiero, ma la realtà dei fatti dice che questa mossa non fece altro che favorire il distacco delle classi ricche da quelle povere, poichè la nuova moneta finì nelle tasche della prima piuttosto che della seconda. La presenza di maggior denaro comunque permise un leggero aumento degli investimenti, che rimasero in ogni caso investimenti bassi e con una probabilità di successo superiore al 90%. Questo significa che i Paesi investono, ma si investe molto poco e solo quando necessario. La crescita degli stipendi stenta anche laddove i tassi di disoccupazione non sono così elevati.

La situazione è praticamente bloccata: chi desidererebbe spendere non spende e chi potrebbe spendere non è fiducioso nella buona riuscita degli affari. alcuni economisti si domandano che cosa accadrebbe se questa situazione si protraesse nel tempo. Ciò che irrita i cittadini e genera le polemiche populiste, può essere considerato un freno alla ripresa dell'economia? Senza speranza di arricchimento la crescita resta bloccata e la stessa economia soffre per la mancata mobilità sociale. L'ascensore che nel trentennio 1950- 80 ha permesso a molti figli di origini umili di diventare dottori, insegnanti e avvocati si è bloccato a causa del timore e della paura che possono generare investimenti azzardati in Paesi dove il ruolo della politica è instabile.

Le classi più disagiate sono le uniche che possono farsi partecipi della mobilità sociale che serve per una ripresa dell'economia ma, statisticamente, è qui che i movimenti populisti trovano più elettori ed è qui che vi sono i più attenti risparmiatori.

2017

Oggi la crisi compie dieci anni. Molte sono cambiate da quel 10 agosto 2007, molti posti di lavoro sono saltati, il debito di molti Paesi si è accresciuto e il divario fra le classi non ha fatto che incrementare. Il capitalismo finanziario non ha ceduto, anzi è stato riconfermato nonostante la più grande falla della sua storia. Il mondo occidentale ancora oggi continua a soffrire questa crisi, ma i segnali di ripresa sono presenti e sono emblematici: il PIL è in crescita in tutti i Paesi e la disoccupazione, sebbene lentamente, è in calo.

Ma uno spettro che si aggira per l'Occidente minaccia la ripresa: è lo spettro di Donald Trump. Il presidente degli Stati Uniti, infatti, ha affermato di voler smantellare tutte le regole che erano state introdotte per ridurre e minimizzare gli effetti della crisi, (qui gli approfondimenti: Politica di The Donald ). Stando a quanto riporta il New York Times egli avrebbe già cominciato e piano piano eliminerà tutte le misure. Il problema sorge quando si pensa che queste misure di sicurezza erano state adottate esclusivamente per evitare che un evento di portata mondiale come la crisi economica potesse ripresentarsi.