Il Fisco, come la BCE a suo tempo con il Qe, potrebbe presto avere a disposizione un bazooka nella lotta all'evasione fiscale. Infatti nel giro di due anni circa 90 paesi dovrebbero sottoscrivere accordi bilaterali con il Governo italiano volti allo scambio di informazioni su conti correnti, depositi e qualunque altro tipo di rapporto finanziario basato all'estero e riguardante cittadini italiani.

Secondo alcuni commentatori siamo giunti al capolinea per quanto riguarda il segreto bancario. Certo è che molto dipenderà da come L'Agenzia delle entrate vorrà utilizzare l'enorme mole di informazioni che sta per essere riversata nelle sue banche dati.

Anche se, a dire il vero, uno strumento del genere era già a disposizione dell'amministrazione finanziaria. Stiamo facendo riferimento alla Superanagrafe tributaria dei conti correnti nazionali sulla quale è intervenuta la Corte dei Conti, proprio a causa del suo non utilizzo.

La tipologia di informazioni messe a disposizione

Le prime informazioni verranno trasferite nei server dell'amministrazione finanziaria già oggi. Di fatti, in base agli accordi presi con i primi 50 paesi aderenti, questi dovevano trasmettere le informazioni, al massimo, entro il 30 settembre scorso.

Tra i primi a sottoscrivere accordi bilaterali con il Fisco ci sono Anguilla, le isole Cayman o le isole Vergini britanniche.

Ma anche tutti i principali stati europei. Quindi, le informazioni relative a conti o altre ricchezze finanziarie giacenti in questi paradisi fiscali e intestati a nostri connazionali sono già ora nella disponibilità dell'amministrazione finanziaria.

Dal prossimo anno, 2018, anche altri paesi invieranno i dati in loro possesso, come, ad esempio Hong Kong, Aruba, Montecarlo e la Svizzera.

Questo, solo per indicare che livello di capillarità raggiungeranno le informazioni a disposizione dell'Erario.

L'obiettivo da perseguire

Secondo quanto riportato nella nota di aggiornamento del Def, infatti, queste informazioni costituiranno la base per futuri accertamenti, oppure, per analisi più approfondite e richieste più circostanziate verso contribuenti già oggetto di accertamenti fiscali.

Non per niente, già con la prima edizione della voluntary disclosure era stato predisposto sia un sistema di archiviazione dei dati che un vero e proprio applicativo, denominato Cover, utilizzato per rilevare, statisticamente, le condotte maggiormente evasive ed effettuare una profilazione dei soggetti potenzialmente più pericolosi da questo punto di vista.

Anche la voluntary disclosure bis era, in questa ottica, una seconda possibilità di mettersi in regola con il Fisco volontariamente. Ma dai dati a disposizione i risultati sono stati scarsi. Solo 16 mila contribuenti sui 27 mila stimati dall'Agenzia delle entrate hanno aderito, cioè il 59% del totale. Ora entrerà in azione il bazooka.