Oggi 24 ottobre non è un giorno qualunque per quanto riguarda le Pensioni e la materia previdenziale in genere. Non si tratta di proposte di riforma o interventi sui provvedimenti (pochi) messi in atto in manovra di bilancio. SI tratta dei dati ISTAT che oggi verranno resi pubblici. Si tratta dei dati relativi al tasso di inflazione ed all’aspettativa di vita che sono molto importanti per gli importi delle pensioni e per i requisiti di accesso alla quiescenza. Inoltre, sempre nella giornata di oggi è attesa la sentenza della Corte Costituzionale sui ricorsi contro il Bonus Poletti, cioè la soluzione trovata da Renzi e dal suo Governo per tamponare gli effetti di un’altra sentenza proveniente dai giudici Costituzionalisti.
Pensioni che vanno aumentate quindi? Le indiscrezioni non spingono all’ottimismo, almeno per quanto riguarda la Consulta, mentre i dati dell’Istat produrranno effetti negativi sui requisiti di accesso alle pensioni e positivi per quanto riguarda gli adeguamenti degli importi degli assegni previdenziali.
Dubbi di incostituzionalità
Il Bonus Poletti altro non è che il provvedimento che l’allora Governo Renzi mise in atto dopo la famosa sentenza della Corte Costituzionale che bocciò il blocco della perequazione per le pensioni voluto dalla Fornero e dal Decreto Salva Italia di Monti. Tutti ricordano le lacrime del Ministro Fornero quando chiese sacrifici agli italiani, pensionati su tutti, da spendere sull’altare della crisi del biennio 2011-2012 e dello spread.
Le pensioni furono di fatto congelate bloccando i consueti scatti annuali relativi ai dati dell’inflazione. La Consulta sancì l’incostituzionalità di quel blocco e, dopo la sentenza, il Governo pensò di elargire rimborsi una tantum e retroattivi per quanti avevano subito il blocco. Rimborsi non per tutti e ridotti in base a scaglioni reddituali che hanno rimborsato solo in minima parte quanto perduto dai pensionati.
Ecco perché l’argomento è tornato dinanzi ai giudici della Consulta, perché 12 ricorsi chiedono giudizio di costituzionalità anche sulla risposta del Governo alla prima sentenza, cioè sul Bonus Poletti. Con ogni probabilità oggi la Consulta salverà le casse del Governo, bocciando i ricorsi. In attesa delle motivazioni è facile immaginare che saranno gli importi delle pensioni oggetto dei ricorsi a spingere i giudici nella direzione di salvaguardare i conti pubblici.
La vicenda riguardava le pensioni a partire da 1.440 euro lordi al mese che hanno ottenuto il Bonus Poletti, fino a quelle pari a 6 volte il minimo che invece furono escluse dai rimborsi. L’adeguatezza di queste pensioni rispetto al principio della vita dignitosa da garantire secondo Costituzione dovrebbe essere un fattore che porterà i giudici a bocciare i ricorsi. A questo va aggiunto un altro articolo della Carta Costituzionale, cioè quello che tratta di pareggio di bilancio per i conti dello Stato. Dare ragione ai ricorsi, sia per i soggetti esclusi dal bonus che per quelli che lo hanno ottenuto, riuscendo a recuperare solo il 20% di quanto perduto negli anni del blocco, significherebbe aprire una falla tra i 16 ed i 20 miliardi di euro per il Governo, che ha già fondi limitati come dimostra la recente Legge di Bilancio.
Età pensionabile ed aumenti
I dati dell’Istat oggi dovrebbero confermare l’aumento della stima di vita degli italiani. Per le pensioni questo significherà disco verde al temuto scatto di 5 mesi per l’età pensionabile dal 2019. I dati dell’Istat dovranno essere presi come riferimento dal Governo che deve emanare un decreto che ratifichi questi aumenti di età. Il decreto che sarebbe dovuto uscire a settembre è stato rimandato all’anno nuovo e probabilmente al nuovo Esecutivo che uscirà dopo le elezioni, ma l’aumento della vita media degli italiani non lascerà scampo, anche se i sindacati continuano la battaglia volta a differenziare la vita media degli italiani in base al lavoro svolto. I dati Istat sono generici, trattando la platea degli italiani in misura globale, non considerando che essa è diversa in base al lavoro svolto, alla pericolosità di esso ed al logorio che mansioni pesanti comportano per il fisico di un lavoratore.
L’Istat confermerà anche l’aumento del costo della vita, cioè l’inflazione. Il Governo si è impegnato a ripristinare dal 2019 la perequazione delle pensioni dal 2019. In pratica, aumentando il costo della vita, aumenteranno anche gli assegni previdenziali come previsto da una Legge del 2000. In base al tasso di inflazione dunque, le pensioni verranno adeguate sempre per scaglioni, che per esempio prevedono per le pensioni fino a 3 volte il minimo (intorno ai 1.500 euro lordi al mese) un aumento pari al 100% del tasso di inflazione Istat.