La recente proposta di abolire le Tasse universitarie, portata avanti da Pietro Grasso, all'assemblea di Liberi e Uguali, tenutasi all'Ergife di Roma, ha destato non poche discussioni. Tra i primi ad evidenziare la contraddizione tra le finalità redistributive rivendicate dal movimento politico e le conseguenze reali di questo tipo di provvedimento, il ministro per lo sviluppo economico Carlo Calenda che ha definito "Trumpiana" e "non di sinistra" l'idea di rendere gratuita l'università.

Anche Marco Bentivogli, segretario generale dei Metalmeccainci FIM CIS, ha commentato in modo critico su Twitter evidenziando come i meno abbienti siano già esentati dal pagamento delle rette universitarie.

L'errore logico

Alla base della proposta c'è un ragionamento semplice: le rette universitarie costituiscono un ostacolo che impedisce ai meno abbienti di accedere a questo tipo di formazione, eliminandole, dovrebbe aumentare la pleatea degli studenti che possono permettersi di accedere all'istruzione universitaria. Dunque l'obbiettivo della misura è quello di ampliare le opportunità a disposizione dei meno abbienti che ad oggi non possono permettersi di pagare il costo degli studi.

Tuttavia, come da più parti evidenziato, dal momento che esistono già delle esenzioni e agevolazioni per chi non percepisce redditi elevati, una misura di questo genere risulterebbe priva di benefici marginali proprio per i soggetti che in partenza vorrebbe favorire.

L'effetto contrario indesiderato

Posto che il beneficio sarebbe nullo per coloro che hanno già diritto all'esenzione, si tratterebbe tuttavia di un regalo concreto per le altre categorie di cittadini, con l'effetto paradossale di trasferire risorse dai contribuenti più poveri a quelli più ricchi.

Il costo stimato dal movimento politico, pari a circa 1,6 miliardi, andrebbe infatti finanziato con la fiscalità generale, aumentando gli oneri a carico di tutti i contribuenti in proporzione. Dunque i più poveri pur non avendo nessun beneficio, perché già esentati dalle rette universitarie, dovrebbero far fronte ugualmente alla loro parte di aumento della pressione fiscale.

Questo può avvenire in modo diretto o indiretto a seconda delle modalità che poi verrebbero scelte per finanziare la misura.

Considerando che una parte del costo dell'università è già a carico della collettività, si può dire che già oggi il sistema tassa i poveri per fornire sottocosto l'università ai ricchi. Eliminare del tutto le rette universitarie aggraverebbe ulteriormente questo squilibrio con l'effetto paradossale di raggiungere l'obbiettivo opposto a quello dichiarato dal movimento che ha elaborato la proposta.