Negli ultimi giorni sta facendo molto discutere la questione relativa al superamento delle quote latte registrato in Italia, a tal punto che la Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha deciso di condannare il nostro Paese a pagare ben 1,3 miliardi di euro. Tale somma di denaro si sarebbe accumulata nel corso degli anni a causa di diverse disposizioni del Governo, che hanno portato lo Stato Italiano ad una grande inadempienza nei confronti di quanto pattuito dalla normativa europea. Ad aggravare il capo d'accusa sarebbe anche il fatto che l'Italia, operando molteplici modificazioni legislative, abbia incentivato i produttori a non mettersi in regola.

Cosa sono le quote latte

Con l'obiettivo di regolamentare il mercato a livello europeo, sono state introdotte a partire dal 1984 le cosiddette quote latte. Nonostante siano state oggetto di numerose modificazioni, hanno comunque mantenuto nel corso dei decenni l'obiettivo di creare delle limitazioni produttive alle stalle e agli allevamenti affinché l'offerta globale venisse disciplinata. Con l'introduzione nel complesso di norme comunitarie, è stato preso come riferimento la quantità totale della produzione di latte del nostro Paese, stabilendo così un limite massimo statale pari a 8.823 migliaia di tonnellate; la soglia massima è stata poi incrementata del 5% a partire dal 2009. In questo modo, chiunque superi la limitazione pattuita, intesa quindi in termini di chilogrammi e non di litri, è obbligato a corrispondere una tassazione extra commisurata sulla base della produzione in eccesso.

Secondo la disciplina comunitaria, il prelievo avviene mediante la sottrazione dell'imposta dall'importo totale del pagamento che periodicamente viene effettuato dagli acquirenti dei produttori (ad esempio caseifici, latterie e rivenditori in generale). Nonostante però il grande disincentivo alla sovraproduzione, continuano ad essere molti gli allevamenti che, noncuranti delle limitazioni, continuano a registrare una quantità di latte extra: alla base della decisione, ci sarebbe il fatto di ottenere un surplus sui chilogrammi di prodotto venduti e anche la mancata corresponsione della tassa, che invece avviene per mano delle casse pubbliche.

1,3 miliardi di euro per il superamento delle quote latte

La violazione delle soglie massime di produzione continua ad avvenire in maniera sistematica, a tal punto che la questione relativa alle quote latte è divenuta un vero e proprio problema per l'Italia. L'Unione Europea, infatti, è giunta ad un livello di non sopportazione tale da far scaturire una condanna sentenziata dalla Corte di Giustizia.

Nello specifico sono stati individuati come periodo di riferimento quello che va dal 1995 al 2009: sono quindi quasi 15 gli anni di consecutive violazioni della normativa comunitaria. In tale lasso di tempo, sarebbero ben 1,343 i miliardi di euro, corrispondenti al mancato prelievo della tassazione prevista per il superamento delle quote latte. Ad aggravare ulteriormente la posizione dell'Italia, sarebbero state le legislazioni nazionali che sembrerebbero aver portato la situazione ad aggravarsi a dismisura. Tutto partì nel 2003, quando l'UE autorizzò il nostro Paese a sostituire i produttori al pagamento della tassa; lo Stato concesse in seguito anche una dilazione per quel che riguardava il rimborso del debito: questo sarebbe avvenuto con rate annuali prive di interessi.

Nonostante fosse stato autorizzato nel 2003, la successiva modificazione fu vista come un aiuto illegale ed incompatibile con la normativa europea.

Italia condannata dall'UE: chi pagherà?

Dopo circa un biennio passato ad analizzare la natura lecita o meno dell'utilizzo dell'autorizzazione da parte dell'Italia, la Corte di Giustizia dell'Unione Europea si è espressa con una sentenza che prevede la restituzione all'organo comunitario di 1,343 miliardi di euro. La decisione ha condannato non solo il continuo superamento delle quote latte, che hanno indubbiamente alterato i meccanismi di mercato a cui mirava l'UE, bensì anche il comportamento dello Stato Italiano relativo alla rateizzazione della tassazione.

A questo punto ci si domanda chi e in quale misura possa aver sbagliato a tal punto da aggravare a dismisura la questione: da un lato infatti vi sono i produttori, che hanno puntualmente ignorato la normativa, ma dall'altro c'è lo Stato, che ponendosi come intermediario tra gli allevamenti e l'UE, non ha fatto altro che prolungare le tempistiche di rimborso. A tal proposito, la Corte di Giustizia è stata comunque chiara: a corrispondere gli 1,343 milioni di euro non saranno le casse pubbliche, bensì quelle dei singoli produttori. Il prelievo dunque graverà sui principali responsabili della sovrapproduzione, scelta che molto probabilmente fungerà da deterrente per le produzioni di latte future.