In queste ore sui principali social network italiani è in atto uno psicodramma sociale collettivo, una sorta di isteria di massa, dovuta a quello che inizialmente era stato valutato da molti come un semplice malfunzionamento di Spotify, la più popolare tra le piattaforme di streaming musicale.
Account illegali sospesi, in Italia scoppia l'isteria collettiva
Non più di due giorni fa moltissimi utenti lamentavano infatti l'impossibilità di accedere alla piattaforma, impossibilità effettivamente confermata nelle ore successive, ma non imputabile ad alcun genere di problema tecnico.
Molto più semplicemente tutti gli account considerati 'illegali' – ovvero quelli che usufruivano del servizio premium, senza però pagare nulla – erano stati volutamente resi inaccessibili dall'azienda svedese.
Il colosso dello streaming – che in questo periodo sta preparando l'approdo a Wall Street – aveva iniziato già qualche giorno fa ad avvertire i possessori dei cosiddetti profili 'craccati', minacciando appunto la chiusura di questi account.
I numeri di Spotify e l'ingresso in borsa
Nonostante i ricavi dell'azienda siano passati dagli 1,9 miliardi di euro del 2015 ai ben 4 miliardi dell' anno scorso – con un tasso annuo di crescita vicino al 50 % – Spotify al momento non è in attivo.
La perdita netta del 2015 ammonta a ben 230 milioni di euro, mentre quella dell'anno successivo raggiunge la significativa cifra di 1,23 miliardi.
Più contenuta invece la perdita del 2017, lo scorso anno infatti il bilancio è stato chiuso con un rosso di 'soli' 324.000.000 di euro.
Per questo, secondo molti osservatori, la recente mossa anti-pirateria, così come il prossimo ingresso a Wall Street, sarebbe da intendere nell'ottica di un incremento del numero degli account legali – che al momento sono 71.000.000, sparsi in sessanta nazioni differenti – e conseguentemente dei profitti.
L'ingresso in borsa di Spotify sarà fruibile online, ed il valore della quotazione iniziale verrà fissato in base al rapporto tra domanda e offerta, con una procedura analoga a quella dell'ingresso in borsa di Google, datato 2004.
Anche la società di Larry Page e Sergej Brin decise infatti di offrire le azioni direttamente su internet, con un sistema che venne definito 'all'olandese'.
Google, che fu inizialmente osteggiata dalle banche, aprì quindi con una quotazione iniziale di 85 dollari per azione; a distanza di di 14 anni la quotazione ha superato il valore di mille euro per azione. Riuscirà il colosso svedese ad ottenere risultati simili ? Lo scopriremo nei prossimi anni.