Il Petrolio nell'ultimo periodo ha raggiunto e, per alcuni momenti, anche superato la soglia degli 80 dollari al barile, ma presto, forse già dal prossimo mese di giugno 2018 le attuali quotazioni potrebbero subire un drastico ridimensionamento a seguito della decisione congiunta dell'Opec e della Russia di aumentare la produzione di greggio di circa un milione di barili al giorno. Cerchiamo di capire cosa c'è dietro questa storica decisione che segna una netta inversione di tendenza rispetto anche solo al recente passato nel quale i paesi dell'Opec avevano cercato di mantenere sempre elevato il prezzo dell'oro nero con un contingentamento della produzione.
Le motivazioni della decisione
Ciò che ha spinto l'Opec ma anche la Russia a rivedere la loro politica di produzione petrolifera ha a che fare con diversi fattori sia politici che economici. Cerchiamo di descriverli sinteticamente. Innanzitutto, a breve dovranno divenire operative le sanzioni commerciali da parte degli Stati Uniti di Donald Trump sia nei confronti dell'Iran che del Venezuela, due paesi con regimi politici considerati estremisti, ma anche due paesi produttori netti di Petrolio. Di conseguenza, per far fronte al calo della produzione di questi due attori della scena energetica internazionale gli altri Paesi membri dell'Opec devono, necessariamente, aumentare la loro produzione.
Ma questa non sarebbe l'unica motivazione alla base dell'aumento.
Una ulteriore motivazione si può rintracciare nel nuovo regime sanzionatorio delle emissioni che interesserà il settore del commercio e trasporto marittimo a partire dal 2020. In tale data entreranno in vigore, come detto, delle nuove norme in tema di emissioni delle navi da trasporto volte a ridurre considerevolmente l'inquinamento prodotto da queste ultime.
E dato che, nonostante la decisione sia stata presa fin dal 2016, le aziende energetiche e del trasporto marittimo non si sono adeguate agli standard richiesti tutto ciò potrebbe avere un pesante effetto sul prezzo del Petrolio. Questo perché le nuove norme mirano, in particolare, a ridurre le emissioni di zolfo, che sono alla base delle piogge acide.
Di conseguenza, a livello mondiale si creerebbe un eccesso di offerta di olio combustibile ad alto contenuto di zolfo e, per converso, una più alta domanda di prodotti in linea con le nuove normative.
Chi vince e chi perde
Il combinato disposto di questi due fattori dovrebbe, da una parte, danneggiare i Paesi produttori, membri dell'Opec, del Medio Oriente. Infatti, il tipo di greggio prodotto da questi ultimi è, di solito, ad alto contenuto di zolfo. Mentre quello prodotto dagli Stati Uniti è, di norma, più leggero. Verrebbero, quindi, avvantaggiati gli Stati Uniti, per il motivo sopra detto, ma anche perché la recente decisione di Opec e Russia di aumentare la produzione viene vista e percepita come una vittoria in politica estera del Presidente Trump che proprio il mese scorso si era scagliato contro il cartello dei paesi produttori accusandolo di mantenere i prezzi artificialmente alti.
Tanto più che, a seguito dell'uscita della notizia che Opec e Russia aumentavano congiuntamente la produzione di Petrolio, il prezzo del greggio ha fatto segnare una flessione di circa il 2% e secondo altri analisti, come Ashley Kelty di "Cantor Fitzgerald" sentito dal Financial Times, i prezzi sono destinati a scendere ulteriormente a seguito dell'ampliamento dei limiti di fornitura.