La polemica sulla chiusura domenicale dei negozi non accenna ad attenuarsi e attraversa tutto lo stivale con cori di opinioni contrastanti. L'opinione pubblica si divide tra chi teme che una proposta del genere possa arrecare danni all'economia del Paese facendo un enorme regalo al sistema dell'e-commerce e chi, invece, crede che chiudere i negozi la domenica rappresenti una conquista di civiltà, un modo per tenere unite le famiglie e favorire i luoghi di cultura che certo non mancano nella nostra bella Italia. La querelle solleva pareri discordanti non solo tra i consumatori, ma anche tra i lavoratori e i consigli di amministrazione della grande distribuzione organizzata (Gdo).
Per Confcommercio "una regolamentazione minima e sobria è una via percorribile e imprescindibile". Filcams-Cgil e Confesercenti sostengono la proposta, imputando alla liberalizzazione del 2011 la chiusura di migliaia di botteghe storiche e negozi che non potevano sostenere aperture 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, avvantaggiando dunque la Gdo e penalizzando i piccoli esercenti. Anche la Chiesa cattolica è schierata in favore delle chiusure nel giorno in cui la Bibbia comanda riposo. Ma della stessa opinione non è la grande distribuzione: secondo l'amministratore delegato di Conad a rischio ci sarebbero 40-50 mila lavoratori e una grossa fetta di fatturato andrebbe a finire letteralmente nella "rete" dell'e-commerce.
La proposta di legge
L'iter parlamentare è iniziato lo scorso 6 settembre 2018 con la proposta di legge presentata dalla deputata leghista, Barbara Saltamartini. La proposta intende abrogare l'articolo 31 del decreto "Salva Italia" introdotto dal governo Monti nel 2011 che concede la libertà ai negozi sulle aperture nei giorni festivi e prevede solo 8 aperture straordinarie domenicali nell'arco di un anno, di cui quattro a dicembre.
Agli enti locali sarebbe poi affidato il compito di stabilire le turnazioni delle aperture straordinarie dei negozi. Di Maio e il Movimento 5 stelle propongono, invece, un massimo di 12 festività l'anno, seguendo una linea più morbida. Alle due sopra si aggiungono la proposta di legge del Pd, una legge di iniziativa popolare e la proposta di legge del Consiglio regionale delle Marche.
Sarebbe dovuto cominciare oggi l'esame delle cinque proposte di legge, ma la riunione della commissione Attività produttive della Camera è stata rinviata di una settimana e il tutto ripartirà da martedì 18 settembre.
Stop anche per l'e-commerce?
Lo stop alle attività commerciali potrebbe riguardare anche l'e-commerce. Il progetto di legge 526 del 17 aprile scorso si riferisce alle attività commerciali regolate dal decreto legislativo 114/1998 nel quale rientrerebbero anche i negozi online: "L'ambito di applicazione delle disposizioni proposte è determinato con riferimento a tutti gli esercizi commerciali, comprese le forme speciali di vendita al dettaglio e legate all'e-commerce di cui l''art.
4, comma 1, lettera h, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114". In poche parole ci si potrà collegare a qualsiasi sito anche la domenica e i festivi e completare un ordine, ma se l'attività si trova in Italia l'ordine non partirà la domenica o nel giorno festivo bensì il giorno dopo. Restituire dunque il giusto valore alla domenica e alle festività dando modo a tutte le famiglie di poter gestire i momenti di tempo libero in funzione delle proprie esigenze e non di quelle di mercato. E forse, come sostiene Myrta Merlino "il tema vero è la libertà di scelta, la non ricattabilità".
Negozi chiusi la Domenica? Il tema vero è la libertà di scelta, la non ricattabilità. Spesso, soprattutto le donne, sono molto ricattabili: se non accettano di lavorare nel weekend hanno dei problemi. E' questo il vero dramma!
— Myrta Merlino (@myrtamerlino) 17 settembre 2018
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