Giovedì sera il governo ha varato la nota di aggiornamento al Def, stabilendo un rapporto deficit-pil al 2,4%. Da allora si è nuovamente discusso molto riguardo allo spread, che in seguito alla reazione deI mercati si è impennato fino a 280 punti base. Ecco perché molti dicono che il suo rialzo rappresenti un problema.
Spread: cos'è e a cosa serve
Con il termine "spread" si indica la differenza tra il tasso di rendimento dei titoli decennali dell'Italia (i Btp, Buoni del Tesoro Poliennale) e quelli della Germania (i Bund). Si prendono come riferimento i Bund tedeschi perché la Germania è il più grande mercato della zona euro, ma soprattutto perché è considerata il Paese economicamente più sicuro.
Lo spread permette di osservare e capire quanta fiducia gli operatori hanno nei confronti delle attività del nostro Paese e sale nel momento in cui le quotazioni dei titoli di Stato scendono, perché significa che cresce la vendita del titolo pubblico per timore di ciò che potrebbe accadere.
In Italia si iniziò a parlare di spread sopratutto dopo la crisi finanziaria globale del 2011, quando i livelli di spread dei Paesi europei iniziarono a differenziarsi. In quell'occasione, i Paesi più indebitati come l'Italia e la Spagna furono maggiormente penalizzati.
Le conseguenze del rialzo dello spread
Se lo spread aumenta, il primo problema è la crescita dei tassi d'interesse delle obbligazioni statali, il che significa che allo Stato costerà di più fare debito pubblico e di conseguenza anche a noi.
Il debito, che nel nostro caso ammonta a 2.300 miliardi e vale il 130% del Pil, è salito in modo particolare verso la fine degli anni '70. Per coprire le spese di welfare lo Stato dovette spendere più di quanto guadagnava e fu costretto a fare debito.
Un altro problema si allaccia all'ipotesi in cui lo spread salga in maniera eccessiva.
Ciò significherebbe che la valutazione delle obbligazioni è talmente diminuita che nessuno le acquista e lo Stato non può più venderle ricavando i fondi necessari ai vari finanziamenti. Pertanto è costretto a fare ulteriore debito innescando così un processo senza uscita che graverebbe interamente sulle spalle delle generazioni future.
Inoltre quando la valutazione dei titoli di Stato diminuisce, le banche hanno bisogno di maggiore capitale per fare prestiti e faticano a coprire le necessità finanziarie delle imprese. Una eventuale difficoltà delle banche ad erogare credito manderebbe in crisi diversi settori dell'economia.