Lo scorso 7 aprile Stoccolma è stata macchiata da un attacco terroristico senza precedenti: un attentatore uzbeko con un camion ha travolto la folla in una zona pedonale del centro della capitale. Per questo motivo abbiamo contattato in ESCLUSIVA l'Ambasciatore svedese in Italia Robert Rydberg che ha gentilmente risposto alle nostre domande.
Gentile Ambasciatore Rydberg, per prima cosa ci sembra giusto onorare le vittime della strage di Stoccolma. Ma qual è la reazione del popolo svedese? Si parla ovviamente di rabbia e grande dolore, ma purtroppo anche di voglia di vendetta e giustizia privata.
È impressionante vedere la reazione in Svezia e a Stoccolma: l'unità, la compassione, la determinazione. Gli estremisti non ci potranno mai sconfiggere, la nostra libertà e la nostra società aperta devono essere difese e preservate. L'indagine della polizia ha fatto rapidi progressi e non c’è alcun dubbio che la persona o le persone responsabili di questo attacco verranno portate alla giustizia e punite. Non ho sentito nessuno in Svezia che ha parlato di "vendetta e giustizia privata".
L'Ambasciatore Rydberg sulla strage di Stoccolma e il terrorismo
Come si spiega un attacco terroristico ordinato dagli estremisti islamici in un Paese come la Svezia apparentemente fuori dal radar dell’Isis? Ci saranno cambiamenti d’ora in poi per quanto riguarda le misure di sicurezza in terra svedese?
Il tipo di terrorismo che Da'esh (ISIS) rappresenta può colpire ovunque e contro chiunque non ne condivida l'interpretazione perversa che questo movimento fa della religione. Anche se in Svezia finora siamo stati risparmiati, eravamo consapevoli che il rischio di un potenziale attacco c’era. Pertanto il lavoro di prevenzione e protezione contro gli attentati terroristici era già stato intensificato da qualche tempo e la polizia e le altre autorità si erano già addestrate su diversi possibili scenari.
A mano a mano che la dinamica di ciò che è accaduto il 7 aprile diventi più chiara, senza dubbio si instaurerà un dibattito politico su ciò che potrebbe essere richiesto per affrontare questo tipo di situazioni. Il governo svedese ha già chiarito che è pronto a prendere decisioni e misure necessarie.
E’ una domanda alla quale è difficile rispondere, ma a suo parere quale risposta celere dovrebbe dare l’ONU per liberare la Siria e il popolo siriano dal braccio di Assad e dall’Isis?
I disaccordi tra le grandi potenze, e soprattutto i veti da parte di una di loro, ha fatto sì che il Consiglio di Sicurezza non è stato in grado di assumersi le proprie responsabilità in Siria. La conseguenza di ciò è che questo conflitto è potuto durare per più di sei anni, pagando un terribile prezzo in vite umane, feriti e profughi. La Svezia vuole vedere una soluzione politica del conflitto siriano, senza il regime di Assad e senza Da'esh. Sosteniamo gli sforzi delle Nazioni Unite sotto la guida dell’inviato speciale per la Siria Staffan de Mistura. Ma è importante che questi sforzi siano sostenuti in modo efficace da parte del Consiglio di Sicurezza, e dagli Stati che hanno la maggiore influenza sulle parti in guerra, non ultimo sul regime di Assad.