Quanto paghiamo e quanto riceviamo dalla Comunità Europea? Dove vanno a finire i fondi che Bruxelles elargisce a ciascuno stato membro?

Secondo il budget del 2015 la Comunità Europea ha distribuito ai suoi Stati membri 130.108,6 milioni di Euro. Le principali voci sono l’agricoltura, con il 43,4% del totale (56.486.000.000), il 39,1% (59.872.900.000) hanno sovvenzionato le politiche regionali (i fondi strutturali che l’Italia non riesce a spendere totalmente per la sua gestione inadeguata), il 10,0% (13.032.700.000) sono stati dati per ricerca e sviluppo, il 5,73% (7.451,8 milioni) hanno coperto le spese amministrative.

Germania, Francia e Italia i principali finanziatori

I principali donatori in termini assoluti sono Germania (24.283,4 milioni di Euro), Francia (19.012,5 mil.) e Italia (14.231,6 mil.), mentre il Regno Unito, oggi uscito dalla Comunità, contribuiva con 18.209,4 milioni. A queste quattro nazioni seguono la Spagna (8,772,5 mil), Paesi Bassi (5.759,2 ml), Polonia (3.718,0 mil.), Belgio (3.691,9 mil), Svezia (3.513,3 mil.).

Gli stessi Stati che primeggiano nella classifica dei contributori sono quelli che in proporzione ricevono meno fondi comunitari. La Germania è la nazione che ha un saldo negativo più accentuato: -13.270,1 milioni di Euro. Il Regno Unito era al secondo posto, con un passivo di 10.751,8 milioni € seguito dalla Francia (-4.544,1 milioni).

L’Italia, nonostante le miriadi di cifre e le analisi che si fanno, più che altro a casaccio, sul costo che il nostro Paese versa all’europa, con un saldo negativo di 1.893,1 milioni di Euro si pone dopo Paesi meno popolosi come i Paesi Bassi (-3.400 milioni €) e la Svezia (-2.045,6 milioni €).

L'Est Europa bacino di contributi dall'Unione

Chi, nel 2015, ha ricevuto più fondi europei rispetto al contributo dato sono gli stati dell’Est Europa: la Polonia con 13.357,4 milioni di Euro acquisiti (a fronte di un contributo di 3.718,0 milioni €) è il Paese che più ha guadagnato dai fondi Europei, ma è anche la nazione che è riuscita a utilizzarne la percentuale maggiore.

La Grecia, con 6.209,7 milioni di Euro ricevuti contro i 1.205,6 milioni di contributo, ha un saldo attivo di 5004,1 milioni € e questo, almeno in parte spiega il motivo per cui Atene, dopo tante rimostranze e minacce, non è mai uscita dall’Europa. Seguono la Romania (5.218,6 milioni € di saldo attivo), la Spagna (+4.923,2 milioni), l’Ungheria (+4.683,3 milioni), Slovacchia (+3.126,9 milioni), Repubblica Ceca (+3.062 milioni) e Bulgaria (+2.305,4 milioni).

Da notare che questi Stati sono anche quelli i cui governi si oppongono con maggior veemenza alle politiche europee sui rifugiati (in particolare Ungheria, Repubblica Ceca, Polonia, Bulgaria) e sulla protezione ambientale.

La classifica sulla base del contributo pro capite

La classifica viene stravolta se il contributo viene calcolato in base al numero di abitanti, conteggiando, cioè, quanto ogni cittadino dell’Unione sborsa ogni anno per mantenere la Comunità. In questo caso sono gli abitanti del nord Europa a pagare maggiormente: ogni danese sborsa 386,1 euro ricevendone 269,4, ogni svedese 356,3 Euro con un ritorno di 148,9 €, un’olandese 338,7 Euro (e un ritorno di 138,7), l’irlandese 336,6 Euro (ritorno di 433,8), il belga 327,9 Euro, il finlandese 315,8 Euro (ritorno 242,9). L’italiano versa ogni anno 234,9 Euro, meno di quanto versa l’austriaco (293,8), il tedesco (292,9), il francese (283,8), il cipriota (241,9) e di quanto versava il britannico (279,8).

In cambio la Comunità Europea versa all’Italia un contributo pro capite di 203,6 Euro, più di quanto riceva il tedesco (132,9), ma meno dell’austriaco (207,6), del francese (216,0) e il cipriota (232,1).

Sempre restando nel campo pro capite, i bulgari e gli slovacchi sono quelli che ricevono più benefici dall’essere in Europa, visto che i primi a fronte di un pagamento pro capite di soli 59 Euro annui, ne ricevono 379,9 e i secondi ricevono 688,3 Euro contro i 112 pagati.

Per ogni singolo ceco che paga 124,8 Euro, l’Europa ne ridà 415,5; il greco riceve 576,6 Euro a fronte di un pagamento di 112, un lettone dopo aver contribuito per 104 Euro ne riceve 496, un lituano versa 108,7 Euro per averne 301,9, un polacco 96,6 Euro ricevendo 347, un romeno 66,6 contro 329,8 Euro, uno sloveno 165 Euro contro 455,2.

I benefici superano i costi

È comunque sbagliato calcolare i benefici dell’appartenenza all’Europa solo sulla base del rapporto dare/avere. I vantaggi di essere all’interno della Comunità Europea si devono quantificare anche con gli introiti (tanti) che gli stati ricevono oltre agli apporti finanziari diretti provenienti da Bruxelles. L’abbattimento dei dazi doganali, la facilità di viaggiare all’interno degli stati della Comunità, la velocità di trasferimenti di persone e di merci, l’assenza di frontiere e di cambi monetari all’interno dell’area Euro, gli interventi collettivi da parte degli stati per progetti di ricerca apportano alle casse di ogni stato milioni o miliardi di euro (a secondo del PIL nazionale) che non sono conteggiati come apporti diretti comunitari, ma che sono frutto delle politiche comunitarie.

Come scritto in precedenza, i fondi europei vengono spesi principalmente in tre settori: agricoltura, politiche regionali e ricerca e sviluppo.

Il 44,36% dei sovvenzionamenti ricevuti dall’Italia sono dedicati all’agricoltura (5.473 milioni), il 42,30% (5.219,8 milioni di Euro) alle politiche regionali e l’8,59% (1.060,2 milioni di Euro) alla ricerca e sviluppo.

Una boccata d’ossigeno non indifferente, in particolare per quelle voci, come la Ricerca e Sviluppo, in cui l’Italia è sempre carente. I proventi della Comunità Europea, infatti, contribuiscono per il 4,8% al budget che Roma dedica alla ricerca (21.892 milioni di Euro nel 2015).