Era il 23 giugno 2016 quando la maggioranza dei cittadini britannici votò a favore dell'uscita della Gran Bretagna dall'Ue durante il referendum voluto dall'allora premier David Cameron. Da quel momento, numerosi sono stati i tentativi del governo di trovare con l'Ue l'accordo migliore per uscire dall'Unione.

Dopo tre anni, la questione Brexit non è stata ancora risolta, e a questo punto non si può escludere la probabilità di un no-deal, ovvero un'uscita senza accordo.

L'ultima votazione

Nel primo pomeriggio di oggi si è tenuta l'ennesima votazione per esprimersi sull'accordo May-Ue.

I deputati britannici si sono espressi solo sull'accordo di recesso che riguardava i diritti dei cittadini, gli impegni finanziari, la questione del confine irlandese e il periodo di transizione. La premier Theresa May, infatti, aveva escluso dal fascicolo di voto la dichiarazione politica che indicava a grandi linee i futuri rapporti tra Gran Bretagna e Unione europea, e al contempo si era anche detta pronta a dimettersi qualora la sua intesa fosse stata approvata dalla Camera.

In realtà proprio quest'aspetto aveva insospettito i parlamentari, poiché l'accordo, per essere ratificato, avrebbe dovuto essere approvato nella sua totalità sia in merito alle clausole di recesso che per la dichiarazione politica.

Risultati e numeri: l'opposizione unita contro la May

Con 344 no e 286 sì, la votazione della Camera dei Comuni ha bocciato per la terza volta l'accordo May-Ue. "Credo che ci sia una schiacciante maggioranza in questa Camera a favore dell'accordo di uscita", aveva affermato la premier poche ore prima della votazione. Invece, dopo l'ennesima bocciatura, si è detta profondamente dispiaciuta, parlando di conseguenze serie che dovrebbero sfociare nella richiesta di un lungo rinvio all'Europa e della partecipazione della Gran Bretagna alle prossime elezioni europee.

Dei 286 voti positivi, solo 5 appartengono all'opposizione. Fra i 344 negativi, invece, se ne contano 234 dei laburisti, 34 del partito nazionale scozzese, 34 dei conservatori, 16 degli indipendenti, 11 dei libdem, 10 del partito unionista nordirlandese, 4 del partito del Galles e 1 verde. La premier è riuscita dunque a guadagnare solo pochi consensi rispetto alle votazioni precedenti.

Lo scenario post voto: le opzioni al vaglio

A questo punto, dopo l'ennesimo no da parte della Camera dei Comuni, si prospettano tre possibilità: il no-deal, nuove elezioni oppure un rinvio concordato con Bruxelles.

Subito dopo il voto di Westminster, il presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk, ha convocato a Bruxelles per il 10 aprile un consiglio Ue straordinario sulla Brexit. Allo stato attuale delle cose, la prospettiva di arrivare ad un no-deal non sembra così lontana, e continua ad essere caldeggiata da un nutrito gruppo di sostenitori. La Commissione europea si è detta preparata e unita verso quella che viene definita come una "Hard Brexit", ovvero un'uscita difficile della Gran Bretagna dall'Ue, aggiungendo che non sarà possibile sottoscrivere degli accordi parziali.

Il 'Brexit mess' come miccia di una crisi interna

Il governo britannico ha la necessità di trovare una soluzione al più presto per risolvere quello che è stato definito da alcuni manifestanti come "Brexit Mess", ovvero il "Pasticcio Brexit". Le continue bocciature e opposizioni interne potrebbero portare l'Inghilterra ad una profonda crisi che già sta iniziando ad avere le prime ripercussioni sull'economia del Paese, la cui moneta, la sterlina, ha subito un crollo consistente dopo l'esito della votazione odierna. A tutto ciò bisogna aggiungere le conseguenze legate alla strategia dell'aver utilizzato il "problema Brexit" per coprire tensioni interne al governo.

Un sensibile rallentamento dei lavori potrebbe essere sfruttato soprattutto dai laburisti per delegittimare l'operato della premier May che, nonostante tutto, continua a sostenere una linea dura: "Il governo continuerà ad agire affinché la Brexit sia attuata".