Fondi pensione e previdenza complementare: termini una volta poco usati e riservati ad una nicchia di agiati investitori, stanno prendendo sempre più piede tra lavoratori e risparmiatori. 
Molte sono le cause che hanno generato negli anni un aumento dell'interesse dei cittadini verso questi strumenti: le sostanziose agevolazioni fiscali e le previsioni tutt'altro che incoraggianti sull'evoluzione del sistema pensionistico pubblico.

Occorre innanzi tutto segnalare come possano esservi due metodi distinti (non alternativi) di poter accedere a questa forma di investimento.

Da qualche anno è facoltà del lavoratore dipendente decidere se destinare la quota di Tfr maturata in sede annuale a un apposito fondo pensione o continuare, come in passato, a destinarlo all'azienda che al momento della cessazione del rapporto dovrà versare tutte le quote accantonate in un'unica soluzione (quote che saranno oggetto di rivalutazione annuale in base a parametri Istat). In caso si decida di destinare la quota a fondo, in base a quanto previsto dai singoli contratti collettivi, è previsto un versamento aggiuntivo da parte del datore di lavoro. Tale fondo, gestito da una società di intermediazione finanziaria, investirà tali somme sui mercati azionari e obbligazionari, al fine di accrescerne il valore nel corso degli anni.

E' possibile accedere a tale forma di investimento anche aprendo una posizione individuale decidendo di destinare quindi parte dei risparmi. In questo particolare caso il legislatore concede un importante beneficio: i versamenti deducibili dal reddito fino al limite massimo di 5.164,00 euro.

Tali versamenti, frutto di adesione collettiva (conferimento Tfr) o individuale, vanno a formare un montante che, salvo casi specifici previsti, non potrà essere riscattato fino al momento in cui il cittadino matura il diritto alla pensione pubblica.

Nella maggior parte dei casi è concesso un riscatto parziale di quanto accantonato a seguito di determinati avvenimenti, quali ad esempio acquisto di prima casa (anche dei figli), presenza di spese sanitarie ingenti o spese di ristrutturazione.

Al compimento dell'età pensionabile verrà erogata una rendita vitalizia (il cui ammontare sarà determinato in base a quanto presente nel fondo alla scadenza) che, se previsto da contratto, potrà essere anche reversibile.

E' facoltà richiedere la liquidazione del 50% di quanto accantonato ricevendo una rendita rapportata al residuo. Nel caso in cui la rendita annua calcolata sul 70% del montante sia meno della metà dell'assegno sociale Inps è possibile ottenere il riscatto integrale di quanto versato.

I gestori di fondi offrono numerosi tipi di investimento, legati al rischio che ci si vuole accollare o a particolari tutele che si vuole ottenere, partendo dal presupposto che più la durata di tale investimento è lunga e maggiormente sarà consigliato un profilo aggressivo e viceversa nel caso di piani di breve durata si consiglierà un profilo conservativo.

Ulteriore elemento di differenziazione tra i vari fondi è dato dal costo di gestione annuo trattenuto indipendentemente dai risultati ottenuti.

La tassazione su tali investimenti è così prevista:

- imposta dell'11% sui rendimenti maturati dal fondo (in luogo di quella standard del 20% prossima ad aumentare al 26%);

- imposta del 15% su montante formato da contributi dedotti in sede di erogazione della rendita o della liquidazione del capitale. Tale aliquota in caso di permanenza nel fondo per almeno quindici anni si riduce (a partire dal sedicesimo) dello 0,30% ogni anno fino al raggiungimento dell'aliquota minima del 9%.