Nella scorsa puntata del "Che tempo che fa" condotto da Fabio Fazio, il neo premier Matteo Renzi ha annunciato che in settimana arriveranno importanti riforme per rilanciare l'economia e dare un pò di respiro agli italiani, stretti nella morsa della crisi.
Il premier ha promesso:
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lo sblocco di 60 miliardi di euro per sanare i debiti delle amministrazioni pubbliche verso le piccole e medie imprese, attraverso i fondi utilizzabili della cassa depositi e prestiti (non i conti deposito posseduti da Poste Italiane). La richiesta alla banca statale era gia stata fatta dal vecchio premier Enrico Letta, ma il direttore generale della banca allora diede parere negativo .Il problema principale però non è solo il reperimento dei fondi, ma bisognerà trovare anche dei canali burocratici meno complessi per erogare questi crediti alle imprese; con l'ultimo decreto in materia di Letta servivano 29 atti amministrativi per vedere i propri soldi, di fatto la burocrazia ha annullato gli effetti di questa riforma.
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Due miliardi e mezzo da investire nell'edilizia scolastica. La situazione delle scuole italiane è ben nota, e soprattutto gli istituti del sud versano in condizioni ormai fatiscenti. Di certo serviranno molto di più di 2,5 miliardi per risolvere il probblema, però si può dire che è un inizio.
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10 miliardi per tagliare le tasse: al vaglio ci sono tre ipotesi: la prima è quella che va incontro ai sindacati, cioè investire tutto sul taglio del cuneo fiscale. Ciò porterebbe circa 80 euro mensili nelle casse di tutte le persone fisiche soggette ad imposizione IRPEF. La seconda va incontro sia ai sindacati che a Confindustria; e prevede una somma di 7,5 miliardi da investire sull'irpef e 2,5 miliardi per abbassare l'IRAP che è tra le tasse più odiate dagli imprenditori, dato che è scollegata dalla capacità contributiva dell'impresa ma la colpisce anche quando questa va in perdita ed inoltre penalizza anche le assunzioni. Considerando però che il gettito prodotto dall'IRAP e di circa 25 miliardi, quest'ultimo intervento sembra non bastare per risolvere i problemi dell'impresa.
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Il piano lavoro o cosi detto Job Act, di cui non c'è ancora una bozza definitiva, dovrebbe prevedere una sospensione di tre anni sull'applicazione del Art. 18 dello statuto dei lavoratori per i neoassunti, la semplificazione delle formule contrattuali con la revisione dell'apprendistato, che diventerà il canale principale di assunzione e forse anche l'introduzione di un contratto a tutele crescenti, ed infine una rivisitazione degli ammortizzatori sociali; i sondacati chiedono di rifinanziare la cig in deroga. Il sindacato della CGIL tramite il segretario Camusso sembra aver già bocciato il piano lavoro di Renzi, sostenendo che il problema non è la flessibilità ma quello di "creare nuovo lavoro con un forte intervento pubblico, non la conservazione faticosa di ciò che c'è già". il JOB ACT così, dice la Camusso rischia di diventare "l'ennesima moltiplicazione delle forme di ingresso al lavoro e quindi della precarietà (...) il tema oggi non è quello dei licenziamenti ma delle assunzioni".