Un vecchio slogan pubblicitario recitava: 'Per molti ma non per tutti'. Potremmo applicare questo motto anche nei confronti delle 36 ore settimanali di lavoro previste per gli insegnanti e sbandierate ai quattro venti in questi ultimi giorni.
Per tutti coloro che non fossero stati particolarmente attenti alle dichiarazioni del sottosegretario Roberto Reggi, ricordiamo che l'aumento delle ore di lavoro riguarderà, almeno per il momento, solo gli insegnanti della Scuola primaria e dell'infanzia. Quali considerazioni e quali ipotesi si possono fare a questo proposito? Vediamo.
Miur, scuola, 36 ore settimanali: a quale prezzo?
A fronte di un aumento delle ore di lavoro nelle scuole primarie e d'infanzia che, comunque, non pensiamo arriverà davvero alle 36 ore, fermandosi magari a 28-30, dobbiamo, in ogni caso, considerare l'ipotesi quasi scontata di un aumento delle ore di didattica frontale anche negli istituti superiori (da 18 fino a 22-24?).
Ciò che appare certo, comunque, è che il governo chiederà un maggior sacrificio in termini di tempo a tutte le categorie di insegnanti. La domanda che assilla la maggior parte dei docenti è questa: quale contropartita per accettare le nuove regole?
Miur, scuola, 36 ore settimanali: pochi soldi per troppi sacrifici?
Il Miur ha già fatto i conti in tasca agli insegnanti: basti solo pensare alla riduzione del FIS (il Fondo d'Istituto adibito alle attività aggiuntive), per capire come queste attività extra non obbligatorie sono già, in pratica, svolte 'gratuitamente' dagli insegnanti.
Senza contare, poi, tutto il lavoro che viene svolto a casa: quello che serve, ad esempio per la preparazione delle lezioni o la correzioni dei compiti svolti in classe. Ed ora il piano Giannini chiede nuovi sacrifici che non solo non verranno retribuiti attraverso un giusto compenso ma che rischiano di diventare addirittura un 'obbligo' da adempiere perchè, altrimenti, non si ha a cuore il bene della scuola.