In attesa di quella che il presidente del Consiglio, Matteo Renzi considera la 'madre di tutte le battaglie', ovvero la riforma della Scuola, già a partire dal prossimo mese di settembre alcune novità potrebbero cambiare non poco la fisionomia dell'aspetto didattico. In particolare, i nuovi elementi saranno due ovvero la valutazione della scuola e il CLIL (Content and Language Integrated Learning), voluto fortemente dall'ex ministro dell'Istruzione, Maria Stella Gelmini, tanto da introdurlo nella sua riforma di qualche anno fa. Cosa cambierà dal prossimo anno scolastico? 


Miur e valutazione della scuola: i criteri di giudizio e gli ispettori

Per quanto riguarda la valutazione delle scuole, partirà quello che possiamo chiamare la ricerca del vero e proprio identikit dei vari Istituti scolastici, un fedele ritratto che non si baserà soltanto sui risultati dei test Invalsi ma che abbraccerà tutti gli aspetti, sia quelli didattici che funzionali.

Per tracciare questa 'carta d'identità' della scuola sarà necessaria la partecipazione di tutti, dai dirigenti scolastici ai docenti, passando per gli studenti e le loro famiglie. Si dovranno accertare le cose che funzionano ma soprattutto le debolezze, sottolineando i successi e gli insuccessi in maniera oggettiva. Siccome l'oggettività, spesso, è poco riscontrabile nella natura umana, ecco che un elemento necessario sarà rappresentato dalla nomina di ispettori (elemento sponsorizzato nel passato dall'ex sottosegretario Ugolini): la valutazione esterna sarà in grado di giudicare in maniera più imparziale i progressi e i regressi (speriamo pochi) della singola scuola.

Il motto che il ministro Giannini ripete fedelmente recita: 'Valutazione, autonomia e merito, ecco i pilastri su cui voglio rinnovare la scuola italiana'.



Miur e la novità CLIL: funzionerà davvero?

Secondo aspetto, la novità del CLIL. Il nuovo metodo di insegnamento che verrà sperimentato nelle ultime classi delle scuole superiori prevede l'uso della lingua inglese come strumento didattico all'interno di altre materie come possono essere geografia, storia dell'arte o filosofia.

Il Miur vorrebbe che le ore insegnate in italiano e in inglese possano venire almeno ripartite al 50 per cento ma, in molti casi, tutto ciò difficilmente sarà possibile. Possiamo utopisticamente immaginare che tutte le scuole superiori d'Italia saranno pronte per questa novità didattica? Se sì, lo sforzo dei docenti incaricati di iniziare e portare avanti questo progetto saranno ricompensati con un ritocco stipendiale?