Quando si sente parlare di discriminazione tra gente del Nord e gente del Sud, solitamente si pensa che i più svantaggiati e i più bistrattati siano proprio i cittadini delle regioni meridionali, forse perchè più alle prese con lo storico problema della mancanza cronica di lavoro e per la questione secolare riguardante il Mezzogiorno.
Un articolo apparso sul numero di oggi del quotidiano 'Libero', per una volta, capovolge la situazione, con un 'favoritismo' che va a tutto vantaggio della popolazione del sud.
L'argomento è la cassa integrazione in deroga e la mobilità.
Agli operai, agli impiegati e ai dirigenti delle imprese che svolgono la propria attività professionale nelle regioni settentrionali, toccano ben cinque mesi di mobilità in più (dopo i tre anni della cassa integrazione in deroga). Per gli stessi lavoratori delle regioni meridionali i mesi in più per la mobilità saranno otto (tre in più).
Finita qui? No, perchè anche tutti quei lavoratori che hanno usufruito della mobilità in deroga per un periodo inferiore ai tre anni, i mesi saranno sette per i dipendenti del Nord e dieci per quelli del Sud.
Mobilità e cassa integrazione in deroga: basta mantenere la residenza al Sud
Tutto ciò è frutto di una norma del 1 agosto scorso, concordata dal ministero del Lavoro insieme a quello dell'Economia secondo la quale viene prevista una maggiorazione di tre mesi se l'operaio, l'impiegato o il dirigente ha conservato la propria residenza anagrafica in una regione del Sud, cambiando solo il domicilio nella città del Nord dove avrebbe dovuto lavorare.
Si tratta di una norma quantomai originale ma che ha trovato, comunque, una giustificazione: le imprese del Sud hanno iniziato prima a chiudere rispetto a quelle del Nord, o comunque, hanno cominciato prima a mettere in cassa integrazione i propri operai.
Insomma, in poche parole, basta mantenere la residenza in una città del Sud per beneficiare di tre mesi in più di mobilità e di questi tempi in cui è sempre più difficile riuscire ad arrivare a fine mese, non è poco.