Periodicamente, in specie ogni volta che il Governo annuncia riforme importanti, si ritorna a parlare di Pensioni. Dopo l'entrata in vigore della Riforma Monti-Fornero, difatti,si spera sempre che una nuova normativa introduca regole meno stringenti per potersi collocare a riposo, ma, sinora, complice il profondo rosso delle casse Inps, nulla è stato migliorato, né si prevedono, a breve, condizioni più favorevoli.

Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che un mezzo, per poter fruire del pensionamento anticipato, ancora "resiste",ed è la famosa opzione per il trattamento contributivo, introdotta dalla Legge 243/2004, detta Opzione Donna: possono usufruire di tale regime le donne con 57 anni più 3 mesi d'età (58+3 se lavoratrici autonome) e 35 anni di contributi, optando per la liquidazione dell'intera pensione con il trattamento contributivo, maggiormente penalizzante rispetto al retributivo.

L'Inps, con le circolari 35 e 37/2012, ha illegittimamente limitato la fruizione del trattamento a chi abbia maturato i requisiti entro dicembre 2014, se lavoratrici dipendenti, ed entro giugno 2014, se autonome, per effetto dell'applicazione della finestra mobile di 12 mesi per le prime, e di 18 per le seconde.

Con la Risoluzione della XI Commissione parlamentare n.7-00159, del novembre 2013, e con Atto della Camera C9/00224, di luglio 2014, è stato impegnato il Governo ad assicurare la revisione delle suddette circolari dell'Istituto, in quanto in palese contrasto, sia con l'art.1 comma 9 della legge 243/2004, che con l'art. 24 comma 14, del decreto legge n. 201 del 6 dicembre 2011, (convertito con legge n.

214 del 2011 ). In pratica, le norme affermano che sia sufficiente maturare il requisito dei 35 anni di contribuzione , oltre all'età (la quale, tra l'altro, non deve essere incrementata di 3 mesi, in quanto nessun legame è previsto dalle leggi con la speranza di vita), entro il 31.12.2015, per potersi pensionare con l'Opzione.

L'Inps, dal canto suo, non solo non ha modificato le sue statuizioni, ma, dalle numerose segnalazioni pervenuteci, in molte sedi nega l'accoglimento della domanda anche per chi possiede i requisiti prescritti dalle circolari stesse, sia per la scarsa conoscenza dell'argomento da parte di vari impiegati,sia per l'atteggiamento ostruzionistico dell'Ente nei confronti di detto regime.

Naturalmente, in tutta Italia, comitati ed associazioni sono sul piede di guerra, e si prevede un'ondata di class action e ricorsi.

Le azioni, peraltro, non riguarderanno solo la restrizione dei termini, ma altresì la restrizione di genere: non dobbiamo dimenticare la sentenza della Corte di Giustizia Europea del 18/11/2010 N. C-356/09 "Parità uomo-donna sull'età  pensionabile" , per la quale la UE ha già avviato una procedura d'infrazione.

Sulla base della statuizione, anche gli uomini hanno diritto a fruire dell'opzione contributiva, configurandosi, altrimenti, una disparità di trattamento. 

Si prospettano, dunque, dei mesi all'insegna della lotta legale ed una pioggia di cause, qualora l'Inps non decida di rivedere le proprie posizioni: pur essendo vero, difatti, che l'Opzione comporta una riduzione dell'assegno pensionistico non indifferente, è altresì vero che, per molti (chi rischia di perdere il lavoro, chi ha problemi di salute, chi familiari), costituisce l'unica alternativa possibile, dunque l'illegittima preclusione rappresenta un danno gravissimo.