Potrebbero presto arrivare importanti novità sul fronte pensioni lavoratori precoci: tra meno di 72 ore il governo Renzi dovrà varare la Legge di Stabilità, atto a margine del quale si comprenderà una volta per tutte quanto di vero ci fosse nelle dichiarazioni rilasciate in questi mesi dal ministro Poletti e dagli altri membri dell’Esecutivo riguardo alle future manovre previdenziali. Uno dei potenziali interventi che interessa più da vicino il caso Pensioni lavoratori precoci coincide con la norma che statuirebbe la cancellazione o la forte attenuazione delle penalizzazioni per chi accede alla pensione anticipata prima dei 62 anni di età, provvedimento quest’ultimo che era già stato inserito nella riforma della PA di agosto salvo poi essere stralciato per ‘ordine’ della Ragioneria di Stato.
La motivazione addotta riguardò la mancanza di adeguate coperture economiche, uno scenario che oggi come allora potrebbe purtroppo ripresentarsi a margine della Legge di Stabilità: la Spending Review stilata a tavolino da Cottarelli impone sacrifici enormi, con le poche risorse a disposizione che dovrebbero essere dirottate su settori alternativi a quello previdenziale (Scuola e lavoro su tutti). In riferimento al caso pensioni lavoratori precoci cosa bisogna aspettarsi dunque dalla Legge di Stabilità? Lo scenario ad oggi è a tinte chiaro scure (più scure che chiare purtroppo), le idee ci sono ma permane il dubbio che esista una reale volontà politica nel perseguirle. Tra le ipotesi più accreditate troviamo ‘le nuove forme di pensione anticipata’ più volte annunciate dal ministro Poletti ma mai dettagliate e la possibile fissazione di Quota 97 (62 anni di età più 35 di contributi) come soglia minima di accesso alla pensione anticipata, tutti provvedimenti che potrebbero risultare utili in vista di una risoluzione del caso pensioni lavoratori precoci che necessitano però di un importante fase di concertazione.
Ogni ipotesi andrebbe infatti ‘cucita addosso’ ai lavoratori precoci la cui situazione anagrafica e sociale (per lo più si tratta di individui che hanno iniziato a lavorare a 15 o 16 anni) risulta di particolare rilevanza, ma come accennato i segnali che provengono al momento da Palazzo Chigi sono tutt’altro che positivi.