Siamo alla resa dei conti. Dopo due anni di proclami, promesse e chiacchiere da parte del governatore Crocetta e dell'assessore Scilabra, il settore è al tracollo. Gli ottomila lavoratori delle tre filiere della Formazione professionale in Sicilia (interventi formativi, sportelli e obbligo scolastico), ridotti alla fame per gli stipendi non retribuiti (c'è chi attende le proprie spettanze da un almeno 12 mesi fino ad arrivare in alcuni casi a 30 mesi), sviliti dalle incertezze sul loro futuro, svuotati di ogni tutela, privati della dignità, tentano l'ultima carta.

Quella dell'unità e della solidarietà. E lo fanno tenendo lontane le appartenenze politiche, le sigle sindacali, le bandiere una volta sventolanti per difendere i lavoratori e adesso accusate di issarsi solo per mantenere privilegi di casta e alimentare interessi famelici.

È stata una marcia pacifica quella partita il primo ottobre da Piazza Marina a Palermo e che ha attraversato le strade cittadine per giungere fino al cuore pulsante dell'istituzione che decide le sorti della politica isolana, la sede della Presidenza della Regione. Tutti a difendere il proprio posto di lavoro, a rivendicare il proprio diritto a continuare a lavorare e a essere pagati. Non è più tollerabile, né comprensibile, né umano che un lavoratore vada ogni giorno a prestare il suo lavoro e nel frattempo passano 8, 10, 12 mesi o addirittura anni senza percepire un soldo delle retribuzioni spettanti.

Come fa una famiglia, soprattutto se monoreddito, a campare? Come fa a pagare l'affitto o il mutuo della casa, le bollette, la spesa per mangiare? Come fa a far crescere dignitosamente i figli, a nutrirli, a vestirli, a mandarli a scuola? Come fa a non indebitarsi con le banche, quando va bene, o con gli strozzini nei casi peggiori?

Come fa a non scoraggiarsi di fronte alle difficoltà economiche? Sono tutti interrogativi che questo governo regionale presieduto da Rosario Crocetta ha lasciato senza risposta.

Nei proclami lanciati nelle varie conferenze stampa o dai salotti televisivi, il governatore "antimafia" ha sempre utilizzato il termine "rivoluzione" per far capire che con lui la Sicilia sarebbe cambiata, ma si sperava in meglio.

Invece, la regione è sprofondata nel buio più assoluto. La cosiddetta "rivoluzione" si è distinta per una mancanza totale di azione e progettazione politica. Non a caso molti lavoratori della formazione indossavano durante la marcia di protesta la maglietta con la scritta "vittima della rivoluzione crocettiana".

Oltre a non saper risolvere i problemi del settore, Crocetta e l'assessore al ramo, Nelli Scilabra, li hanno ingigantiti portandolo al collasso e gettando nella disperazione gli ottomila dipendenti e le loro famiglie. Cinque suicidi, altre minacce di gesti estremi, famiglie in mano agli usurai. Dolore, fame e sofferenza. Il governo regionale è riuscito persino nell'impresa di paralizzare i corsi dell'obbligo scolastico con ritardi immani e incomprensibili per l'inizio delle lezioni.

Così da paladino dichiarato dell'antimafia Crocetta ha di fatto "legittimato" la dispersione scolastica con i rischi che tutti conoscono di alimentare la mafia e la criminalità invece di combatterla.

Adesso le solite promesse. Governatore, assessore e dirigenti hanno ospitato una delegazione di lavoratori e hanno ascoltato le loro rivendicazioni. Crocetta ha assicurato che subito partiranno i mandati per pagare gli stipendi arretrati, dichiarando che sono pronti 130 milioni di euro. Inoltre ha dato assicurazioni sulla salvaguardia di tutti i posti di lavoro e sugli interventi urgenti da adottare per rimettere in sesto l'intero settore. Ma i lavoratori rimangono sul piede di guerra. Alle chiacchiere stavolta dovranno seguire i fatti. La tolleranza è finita.