Se non è caos poco ci manca. Parliamo delle proposte di legge su pensione anticipata 2015 e prepensionamento depositate alla Camera, in tutto 12 provvedimenti che attendono di essere valutati ed esaminati e se ritenuto necessario ratificati. Molto più insomma del super ddl che un paio di settimane fa ne contava meno di dieci. Un vero e proprio mare magnum dunque, nel quale risulta difficile muoversi per via della totale assenza di certezze cui aggrapparsi. A balzare di prepotenza agli onori della cronaca è ancora il decreto sui rimborsi approvato dal governo dopo la sentenza della Corte, un ddl che nelle scorse ore il capo dello Stato Sergio Mattarella ha deciso di firmare dando così via al percorso che porterà alla conversione dello stesso in legge dello stato.
I cittadini riavranno dunque qualcosa indietro, 2 miliardi sui 16 previsti dalla sentenza, poco ma meglio di nulla anche e soprattutto perché arriveranno subito. Il decreto sulla resa di parte degli assegni previdenziali prevede un raggio d'azione una tantum, per invertire la rotta del settore previdenza occorrerà invece agire in modo strutturale. Vediamo come.
Novità, aggiornamenti e news pensione anticipata 2015 e prepensionamento: uscita a 62 anni, i calcoli della Ragioneria e le simulazioni dell'INPS
Quella di un'uscita precoce rispetto alla naturale scadenza dell'impiego a fronte di piccole decurtazioni economiche appare al momento una delle soluzioni più probabili fra quelle al vaglio delle Istituzioni. Tutti potranno abbandonare prima il lavoro ma dovranno rinunciare a parte del danaro spettante: se questa è la linea ispiratrice di base sono tantissime le misure allo studio per dargli concreta attuazione. Quota 100, Quota 41 e pensione anticipata 2015 con prepensionamento fissato a 62 anni di età più 35 di contributi le più note. Pur palesando la necessità di arrivare ad una proposta di sintesi in grado di racchiudere il meglio di ogni ipotesi, Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera, ritiene come più affidabile l'ultima fra le soluzioni proposte. Quella che conduce all'uscita a 62 anni di età con piccole penalizzazioni che vanno a crescere al diminuire dell'età giunti alla quale si abbandona l'impiego. Ma quanti soldi si perderanno effettivamente? E' stato il Messaggero a proporre delle interessanti simulazioni basandosi sia sui conti operati dalla Ragioneria - stando alla quale una generalizzata uscita a 62 anni di età costerebbe alle casse dello Stato qualcosa come 45 miliardi - sia sulle simulazioni elaborate dall'Inps. A conti fatti, chi esce dal lavoro a 62 anni con 35 anni di contributi alle spalle, a fronte di una pensione tre volte il minimo (1500 euro mensili), subisce una perdita di 120,57 euro al mese. Le cifre salgono al salire dell'assegno spettante: 154 euro con un assegno da 2000 euro al mese e 36 anni di contribuzione, 184 euro con un assegno da 2500 euro più 37 anni di contribuzione e 241 euro per chi, a fronte dei soliti 35 anni di contributi, percepisce una pensione sei volte il minimo (3mila euro).L'idea di consentire uscite anticipate a fronte di assegni più magri prende sempre più corpo. Al momento non è neanche escluso un'estensione del sistema di calcolo contributivo a tutte le categorie lavorative, cosa che condurrebbe i singoli lavoratori a percepire quanto effettivamente versato. Una simile proposta potrebbe essere contenuta anche nel prospetto di riforma che l'INPS di Boeri sta per mettere a punto ma non è ancora chiaro se esista o meno una volontà politica e d'azione orientata verso questo versante. L'impressione comunque è che il clima non sia al momento sufficientemente sereno per poter giungere a pronunciamenti così decisi e netti: il decreto rimborsi ha gettato altra benzina su un incendio che divampa senza sosta ormai da settimane, con una guerra incrociata che in questo momento include governo, sindacati e Consulta a latitudini non del tutto note.