La questione della riforma scuola 2015 rischia di creare una frattura insanabile all'interno del Partito Democratico: durante la direzione che si è tenuta nella giornata di lunedì 8 giugno, il confronto è stato molto duro ma la presa di posizione più importante l'ha data proprio Renzi. Il premier è stato piuttosto chiaro: si sarebbe potuto far approvare la riforma anche il giorno successivo, se lui soltanto lo avesse voluto, anche a costo di spaccare il PD. L'idea, però, è di aprire al dialogo e Renzi è convinto che, nonostante gli sforzi compiuti da molti dei suoi fedelissimi, il confronto sia necessario per cui ha deciso di rinviare di 15 giorni il momento dell'approvazione per permettere che la "Buona Scuola" venga ben compresa dal mondo della scuola.
Le reazioni non si sono fatte attendere.
L'ignoranza dei professori e la riforma scuola 2015 di Renzi-Giannini
L'impostazione del discorso di Renzi è sembrata immediatamente offensiva per i docenti e in generale per il personale scolastico: il sottotesto del discorso del premier è che la riforma scuola 2015 non è stata ben compresa e ben studiata da coloro che l'avversano. I due nodi critici centrali, infatti, non sarebbero stati ben analizzati: in primo luogo, per quanto riguarda il ruolo dei presidi-manager si tratta di una riforma che permette un cambiamento radicale nella concezione dello stesso lavoro scolastico, le uniche aperture sarebbero su una limitazione "temporale" del mandato del dirigente scolastico all'interno della singola scuola; in secondo luogo, per quanto riguarda l'allargamento del piano assunzioni anche ai docenti abilitati TFA e PAS della II fascia delle Graduatorie d'Istituto, le parole di Renzi sono state molto dure, la scuola non è un ammortizzatore sociale né un ufficio di collocamento.
Riforma scuola 2015 Renzi-Giannini: lo scontro con M5S e minoranza dem
Sembra essere sempre più difficile che si riesca a creare un fronte comune, tra le forze parlamentari, capace di bloccare il processo di riforma della scuola per il 2015. Le istanze portate avanti dalla minoranza dem non vengono prese in considerazione dal premier: come abbiamo già visto, l'allargamento del piano assunzioni e lo scorporo dal resto della riforma non avverrà e un'altra questione centrale per Gotor e i dissidenti, gli sgravi fiscali alle scuole paritarie - dei quali si gioveranno soprattutto le istituzioni scolastiche della Chiesa - non potranno essere toccati.
L'idea è che la minoranza dem sia troppo debole e forse troppo poco 'convinta' per poter realmente mettere in difficoltà il premier. C'è poi il M5S: l'attacco è avvenuto contro l'idea del governo di modificare la riforma scuola a proprio piacimento, ci sarebbe una vera e propria "ignoranza delle regole democratiche". La relatrice Puglisi avrebbe infatti affermato che non saranno riaperti i termini per la presentazione dei cosiddetti subemendamenti su queste modifiche che la maggioranza renziana ha intenzione di produrre.
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