Anche ieri, il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti è tornato sul capitolo Pensioni confermando l’indirizzo del Governo, che è quello di garantire una uscita flessibile ed anticipata dal mondo del lavoro per andare in pensione. Il Ministro continua a parlare anticipare l’uscita con penalità a partire dal 2% e di concedere un aiuto alla categoria degli over 55 senza lavoro e senza pensione. In parole povere la linea dell’Esecutivo è sempre la stessa ma passare dalle parole ai fatti sembra più complicato del previsto.
Quali sono le difficoltà riscontrate?
Naturalmente non basta la volontà della politica a rendere possibile una riforma come quella che pensa di adottare il Governo e che naturalmente è tanto agognata da milioni di cittadini. Come per ogni atto di rilievo, non è una Ministro o una Commissione a decidere o deliberare, ma bisogna far quadrare anche i conti della finanza pubblica. Per la riforma delle pensioni sono al lavoro in solido, INPS, Governo, Commissione Lavoro e Ragioneria di Stato. Ne conviene che tutto si può fare purchè i conti dell’erario siano a posto anche per rispondere ai limiti ed ai patti stabiliti con il resto della Comunità Europea in quel di Bruxelles. Tutte le proposte allo studio sono poco percorribili nonostante se ne faccia un gran parlare facendole passare per facili.
Le quote di uscita, cioè la somma dell’età anagrafica e dei contributi versati che raggiunto un limite permettono di uscire dal lavoro anticipatamente, sono ad alto costo per le casse erariali. Per esempio l’uscita concessa a 62 anni con 38 di contributi, la famosa quota cento di Damiano causerebbe una maggior uscita di denaro pubblico per 10 miliardi e visto che tra sentenze della Consulta e vincoli europei, l’Italia è già sotto di una ventina di miliardi, l’opzione sarà probabilmente cestinata.
Anche l’altra proposta interna alla maggioranza, sempre di Damiano, quella della penalità del 2% per ogni anno di anticipo porta ad una perdita di 8,5 miliardi.
Che soluzioni ci sono allora?
Si inizia quindi a ragionare sull’aumento di penalizzazioni per ogni anno di anticipo visto che il 2% citato prima sembra insufficiente.
Si pensa inoltre di far ritornare in auge le finestre mobili come qualche anno fa sempre per ridurre i costi per le casse pubbliche. La proposta più economica sembrerebbe quella dell’INPS, per mano del suo Presidente Tito Boeri. Estendere il calcolo contributivo degli assegni a tutti riducendo e di molto gli assegni pensionistici (si parla anche del 30% in meno). Partendo dal fatto che sono soluzioni poco popolari, nel senso che farebbero ridurre il consenso dei cittadini verso il Governo, l’Esecutivo è alla ricerca di sconti da parte dell’UE per quanto riguarda la quadratura dei conti pubblici. Se venissero recuperati margini di flessibilità di almeno 6 miliardi la riforma delle pensioni, insieme alla abolizione di Tasi ed IMU agricola sarebbero più semplici.
In conclusione, non sembra più così improbabile che, viste le difficoltà, il Governo possa optare per posticipare la riforma all’anno prossimo con un atto isolato senza accellerare i tempi per inserirla nella ormai prossima Legge di Stabilità.