Licenziamenti facili, retrocessioni, qualifiche e trasferimenti sono i punti critici della riforma di Marianna Madia relativa alla Pubblica Amministrazione. Dopo l’approvazione del Senato, con la riforma diventata Legge, il mondo dei dipendenti pubblici è cambiatoradicalmente e tra paure dei lavoratori e smentite del Ministero la situazione è particolarmente tesa. I sindacati minacciano azioni perché vedono lesi alcuni diritti del personale statale.
Cosa viene contestato?
La riforma ha stabilito criteri più facili per il licenziamento dei dirigenti pubblici Infatti è stato stabilito che anche per loro sarà necessaria una valutazione dell’operato.
Il dirigente valutato male, è licenziabile a meno cheaccetti la retrocessione al semplice ruolo di funzionario. I trasferimenti da un ufficio all’altro della Pubblica Amministrazione saranno consentiti sempre che il lavoratore trasferito mantenga la stessa qualifica nonché lo stesso stipendio della mansione di provenienza. Facile in teoria ma complicato dal punto di vista pratico. Gli stipendi e gli inquadramenti contrattuali, non sono uguali in tutti i comparti della Pubblica Amministrazione. Da un articolo del quotidiano romano “il Messaggero”, viene fatto un esempio lampante di ciò a cui si andrà incontro. Se si prende a riferimento un dipendente del Ministero con la qualifica più alta, la F7 di 3° livello, lo stipendio è superiore ai 30.000 euro annui.
Qualora questo dipendente venga trasferito al comparto Enti Locali, la qualifica paragonabile darebbe la D6 con uno stipendio di poco superiore ai 28.000 euro. La Legge consentirà al dipendente di cambiare qualifica, ma di restare allo stipendio percepito fino ad allora. Il problema è che così facendo, il dipendente si vedrà congelati gli aumenti annuali previsti fino a quando i due stipendi non coincidano come importo e cioè fino a quando, anno dopo anno, lo stipendio del comparto nuovo non raggiunga quello del Ministero.
Ma i lavoratori sono tutelati?
Sicuramente il problema della mobilità interna alla Pubblica Amministrazione è particolarmente delicata soprattutto alla luce di quello che sta accadendo, per esempio per l’esodo dei dipendenti provinciali verso Comuni, Regioni ed altri Enti Pubblici. Il Ministero ha cercato di rendere il più indolore possibile il cambiamento di comparto.
Dal punto di vista economico, lo stipendio percepito non cambierà, il dipendente non ci rimetterà niente. Lo stesso varrà dal punto di vista pensionistico. Infatti al dipendente sarà concessa la possibilità di optare per la continuazione dei versamenti nel fondo previdenziale originario. Il Ministero ha concesso tempo fino al 31 ottobre alle Regioni di stabilire norme e criteri per la ricezione del personale in esubero dalle Province, pena il pagamento di sanzioni per i ritardatari. L’ultima Conferenza Stato-Regioni è stata un vero flop. La Regione Veneto è stata l’unica ad opporsi agli accordi che erano stati trovati dallo Stato e da tutte le altre Regioni. Per la particolarità di funzionamento della Conferenza, che prevede accordi unanimi, tutto è stato bloccato e rimandato a causa di una sola opposizione.
Il Ministro però si dice sicura che entro fine ottobre tutto sarà finito facendo leva sulle sanzioni previste per le Regioni che non si mettono in linea con il decreto. La Madia ha anche detto che nessun dipendente delle Province perderà il lavoro anche se bisogna attendere il 31 dicembre 2016 perché è il termine scelto in cui scadrà la procedura.