Che fine ha fatto la quota 41 di Damiano all'interno del dibattito sulla nuova riforma Pensioni, riapertosi clamorosamente con le dichiarazioni dei ministri Padoan e Poletti? Una domanda che non trova risposta e che continua a rimbalzare nelle menti dei lavoratori precoci, costretti a vivere un mese di settembre da incubo. Ancora una volta il governo Renzi ha dimenticato questa speciale categoria di lavoratori, molti dei quali sono costretti a lavorare ben oltre i 40 anni pur di raggiungere il diritto alla quiescenza.
La difesa di Damiano – Per Cesare Damiano è ancora possibile una riforma pensioni che introduca la flessibilità in uscita per tutti i lavoratori con una penalizzazione massima che arriverebbe al 2 percento l'anno, in quanto, come spiega il presidente della commissione Lavoro alla Camera, non produce costi e nel medio-lungo periodo genera risparmi.
A Damiano si deve la proposta quota 41 per i lavoratori precoci, i quali andrebbero in pensione dopo 41 anni di contributi senza tagli all'assegno pensionistico. Proposta accettata dai precoci ma dimenticata dall'esecutivo. Una triste realtà.
Il pericolo penalizzazioni – Il sospetto, maturato all'indomani delle ultime dichiarazioni sulla prossima riforma pensioni del governo, è che anche i lavoratori precoci dovranno essere costretti a pagare se vorranno andare in pensione in anticipo. Al momento si sta andando verso una linea generalizzata di tagli all'assegno previdenziale nell'ordine del 3-4 percento. Cifre queste inaccettabili, sopratutto per chi, come i precoci, hanno iniziato a lavorare ben prima del compimento dei 20 anni.
La domanda è: quanti anni i precoci devono lavorare per poter andare in pensione senza tagli al proprio assegno?
Rizzetto contro Poletti – Forse è passato inosservato, o quantomeno non ha ricevuto l'attenzione che meritava, lo sfogo di Walter Rizzetto durante l'audizione di Padoan e Poletti in commissione Lavoro, mentre veniva rilanciata ufficialmente la riforma pensioni.
Per Rizzetto soltanto rinvii e parole, niente di concreto. Il vice presidente della commissione Lavoro alla Camera ha affermato che il governo maltratta esodati ed opzione donna, oltre che a dimenticare quota 41 (e i lavoratori precoci aggiungiamo noi), quota 96 e quindicenni. Parole forti quelle di Rizzetto, il quale ha dichiarato anche che la politica si è dimostrata incapace di rispondere a quei cittadini che con grande dignità continuano a lottare per i loro diritti, urlando nelle piazze italiane le loro preoccupazioni e il loro sconforto.
Riconoscenza alla Fornero – Ciò che più inquieta i lavoratori precoci in vista della riforma pensioni sono le dichiarazioni di Enrico Zanetti, che ha parlato di atto suicida qualora venisse smontata la legge Fornero. Da tempo il sottosegretario all'Economia ha ribadito il proprio appoggio al testo della Fornero, appoggio che lo ha portato ad essere offeso a più riprese sui social network dagli stessi precoci, come tra l'altro più volte accade nella sezione commenti dei nostri articoli.
La posizione dei sindacati – Riguardo il tema della riforma pensioni hanno preso posizione anche i sindacati. La Camusso, leader della Cgil, ha parlato di governo confuso, auspicando che stavolta, al contrario delle precedenti esperienze, ci sia un confronto tra sindacati ed esecutivo, dal momento che il fai da te, così l'ha chiamato la Camusso, ha dimostrato che si fanno tanti errori.
Il segretario generale della Cisl Annamaria Furlan ha invece chiesto al governo di non fare il gioco delle tre carte, chiedendo a Renzi di fare chiarezza, essendoci in gioco il destino di tante famiglie.
Dai social – Continuano a piovere critiche all'indirizzo di Tito Boeri all'indomani del suo ultimo intervento sulla riforma pensioni, critiche che spesso indossano l'abito delle offese e degli insulti. Voi lavoratori precoci che cosa vorreste dire a Boeri?