La prossima legge di stabilità avrà tra i propri obbiettivi un’adeguata trattazione del tema della flessibilità in uscita. La risoluzione di quest’ultimo è intrinsecamente legata alle possibilità finanziare del paese. Come anche afferma il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Tommaso Nannicini, infatti, “il tema resta e il governo ha intenzione di affrontarlo se il quadro di finanza pubblica lo permetterà”.Al contempo Nannicini ricorda che, stando a quanto dice uno studio di Palazzo Chigi, la flessibilità in uscita delle Pensioni avrà un peso sulle finanze statali posto tra i 5 ed i 7 miliardi all’anno per un po’ di anni; la conseguenza di ciò è un inevitabile sorgere di “penalizzazioni” per chi deciderà di ritirarsi anticipatamente dal mercato del lavoro.

Nannicini, dichiarazioni sulla flessibilità

Lo stesso Nannicini afferma che la trattazione della flessibilità è scivolata alla prossima legge di Stabilità certamente non per assenza di volontà bensì per una questione d’impatto dei costi sui conti statali e che “qualunque intervento prevede della penalizzazioni”, cioè dunque che ai ritirati in anticipo dal lavoro spetterà quasi certamente un assegno ridotto.Tutto ciò, dice ancora il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, viene previsto all’interno di un quadro di “ equilibrio nel rapporto tra le generazioni onde evitare problemi di cassa che ci costringono a presentarci alla Ue dichiarando che prevediamo della penalizzazioni”.

Damiano e l’opinione rassegnata dei molti

Il segretario alla commissione Lavoro della Camera non tira affatto i remi in barca e continua il suo sforzo in direzione di un’azione all’interno dell’annoso problema delle pensioni.Ieri 24 febbraio 2016, ospite al programma Ballarò, Cesare Damiano ha infatti ancora affermato come il 2016 debba essere l’anno della flessibilità, e ricorda di aver depositato già nel 2013 una proposta approvata ormai dall'intera commissione Lavoro della Camera.

Damiano è stato controbattuto da Michel Martone e Luigi Abete, anch’essi presenti in studio, che hanno posto l’accento sulla difficile sostenibilità finanziaria del disegno proposto.A tal proposito l’ex ministro del Lavoro ha fatto chiarezza sottolineando una realtà abbastanza dura: se infatti fino a non molto tempo fa 35 anni di contributi erano sufficienti per la pensione, in futuro potrebbero essere necessari persino 45 anni, con il contemporaneo passaggio del sistema al calcolo contributivo puro.

Concretissima dunque l’eventualità che si debba andare in pensione più tardi ed anche con assegni inferiori.

Intanto, all’interno spazio usuale del sondaggio della Ghisleri nella trasmissione, si è evinto che le risposte alla domanda “Pensioni: il 2016 sarà l’anno della flessibilità in uscita?” hanno avuto il 59,2% di no, ed inoltre che la risposta è positiva è giunta per il 16,5% , datosi che il resto degli interpellati ( 24,3%) ha risposto con un “non so”.

Secondo un’altra interrogazione effettuata dall’Unione Nazionale Consumatori, rivolta ad un pur esiguo numero di 500 persone, facente capo alla domanda “Sanità e previdenza: più o meno tasse per il futuro?”, il 26 % degli intervistati si è detto rassegnato ad una restrizione dei servizi della pensione e alla salute, mentre il 61 % risulta favorevole alla sottoscrizione di pensioni integrative al posto di facilitazioni fiscali.