Quest’ultima settimana si è assistito ad una grande agitazione in tema di pensioni, in particolare sembrano continuare fortemente le polemiche e le turbolenze intorno ai possibili tagli alle pensioni di reversibilità. Attorno alla questione sta emergendo della tensione interna alla stessa maggioranza, dove il presidente della commissione lavoro alla camera, Cesare Damiano, afferma l’inopportunità della richiesta ,da parte del governo, di chiedere una delega in bianco per affrontare le problematiche connesse alla previdenza ed all'assistenza, temi che “ valgono miliardi”, e conclude suggerendo che esse “vengano discusse bene all'interno del sistema previdenziale”.

Da Roberto Speranza invece proviene l’intransigente richiesta di porre fine una volta per tutte alla politica di tagli delle pensioni, in particolare stralciando dal provvedimento in procinto di essere discusso dalle Commissioni parlamentari il riferimento alle pensioni di reversibilità; criticata dal deputato parlamentare anche l’inadeguatezza dell’azione di governo, la quale prima decide di eliminare anche per i miliardari la tassa sulla prima casa e poi mira a sovvenzionare il contrasto alla povertà togliendo fondi proprio alle fasce meno forti della popolazione.

Nel versante dei sindacati il segretario generale dello Spi-Cgil , Ivan Pedretti, afferma che è un dato di fatto che le pensioni di reversibilità, se legate all’Isee, verranno tagliate per molte persone quale naturale conseguenza del disegno di legge e che , piuttosto che esprimere indignate smentite, "il governo deve aprire il confronto con noi e ritirare questa norma".

Proietti della UIL sostiene dal canto suo che ogni intervento sulla reversibilità sarebbe in quanto tale anticostituzionale.

Esodati, precoci ed opzione donna

Importanti questi ultimi sette giorni anche sul fronte dei precoci, lavoratori che hanno cominciato sotto i 20 anni di età, degli esodati, rimasti privi e di lavoro e di pensione, e dell’opzione donna, con la manifestazione realizzata a Roma qualche giorno fa, dove queste 3 categorie si sono unite nella protesta.

Quel che è stato fortemente reclamato è stato un cambiamento alle legge Fornero del 2012, la quale, prodotta in un clima di emergenza finanziaria, ha fatto lievitare improvvisamente i requisiti necessari per andare in pensione in riferimento tanto all’età anagrafica quanto ai contributi minimi.

Esodati (ad oggi circa 20.000 senza alcuna copertura) e precoci chiedono il ripristino della quota 41, ossia 41 anni di contributi massimi per il diritto alle condizioni di pensionamento ed un’accettabile flessibilità in uscita per una certa mobilità nel mondo del lavoro; essi oppongono inoltre un no categorico al calcolo contributivo.

Nel terzo versante, il Gruppo Opzione Donna Proroga 2018, viene chiesta appunto una dilazione dell’Opzione donna, che garantisce alle lavoratrici sui 57-58 anni il diritto alle prestazioni pensionistiche purché i contributi di 35 anni vengano ricalcolati col metodo contributivo.

Quel che il comitato osserva è che la legge Opzione Donna 243/2004 ha reso possibile a molte lavoratrici di conciliare mondo lavorativo e famiglia; il gruppo ha infatti affermato che « le donne in Italia rappresentano tutt’oggi l’unico ammortizzatore sociale dentro il quadro di un Welfare praticamente impalpabile. La possibilità di dedicarsi alla cura di nipoti, genitori anziani e familiari disabili con un’uscita anticipata dal lavoro e la certezza di un reddito fisso, è di fatto una necessità. E’ molto complicato a 57-58 anni occuparsi di entrambe le cose dentro e fuori casa.