Mentre sembrano acuirsi la polemiche sui possibili tagli agli assegni di reversibilità, il Governo Renzi è al lavoro per trovare soluzioni che possano consentire, nel quadro della riforma Pensioni 2016, l'inserimento di nuove forme di flessibilità in uscita per l'accesso alla pensione anticipata. "Il titolo c'è, ma manca il copione", così hanno sintetizzato ieri i tecnici del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali interpellati dal quotidiano La Repubblica che oggi pubblica un servizio dal titolo: "Pensioni, uscite flessibili e conti a posto, il governo punta sul prestito".

Pensioni, diverse proposte allo studio del ministero del Lavoro

Questa la sintesi utilizzata dai tecnici del dicastero attualmente guidato dal ministro Giuliano Poletti per spiegare che certamente l'esecutivo vorrebbe inserire più flessibilità nel sistema previdenziale attualmente disciplinato dalla legge Fornero, ma non sa ancora quale strada intraprendere per inserire nuove formule di prepensionamento che potrebbero costare molto per le casse dello Stato. Se il Governo Renzi, nonostante una miriade di promesse, ancora non è intervenuto in questa direzione è proprio per problemi di natura economica e finanziaria e l'introduzione di nuovi elementi di flessibilità avrebbe comunque dei costi notevoli, dai 4 ai 10 miliardi a seconda delle proposte legislative che si mettono in campo.

Più flessibilità in uscita con penalità o con il prestito pensionistico

Le proposte più caldeggiate da lavoratori, sindacati e partiti sono quelle inserite nel ddl 857 a prima firma del presidente della commissione Lavoro della Camera Cesare Damiano: pensione anticipata per tutti a partire da 62 anni con 35 anni di contributi e l'8% di penalità sugli assegni previdenziali, proposta che non verrebbe esclusa a pripri dall'esecutivo.

Poi ci sono la soluzione Quota 41 per i lavoratori precoci, mentre sono molte le lavoratrici che sperano in una ulteriore estensione dell'opzione donne magari fino al 2018, ma nello specifico il governo non si è ancora espresso. L'ipotesi su cui starebbero lavorando i tecnici, secondo quanto riporta La Repubblica, sarebbe quella del prestito pensionistico, la meno onerosa per la finanza pubblica.

Si potrebbe così andare in pensione quattro anni prima dell'età pensionabile attualmente fissata in 66 anni e 7 mesi, con le aziende che anticiperebbero parte del trattamento previdenziale che sarà poi restituito dai lavoratori al momento dell'effettivo pensionamento.