L’Inps, con la circolare 45/2016, ha comunicato di aver ripreso la lavorazione delle pratiche che alcune donne lavoratrici hanno già provveduto ad inviare all’Istituto. Parliamo delle lavoratrici che al 31 dicembre 2015 hanno perfezionato 35 anni di contributi e raggiunto i 57 anni e 3 mesi di età (58 anni e 3 mesi le autonome), quelle cioè che possono uscire con opzione donna. La curiosità su questo provvedimento è tanta perché per settembre dovrebbero essere pronti i dati definitivi di quante delle 36mila lavoratrici interessate hanno effettivamente optato per l’anticipo.

Possibile l’estensione fino al 2018?

Settembre sarà uno snodo cruciale perché l’entità del provvedimento, che ricordiamo è sperimentale, sarà misurato proprio a settembre. Infatti, per questa data si potrà stilare un bilancio su quanti, dei 2 miliardi di euro stanziati in Stabilità, saranno effettivamente serviti per le domande pervenute. I risparmi sulla cifra stanziata infatti, dovrebbero essere riutilizzati per permettere anche ad altre lavoratrici di poter usufruire di questa possibilità, cioè a quelle che raggiungono i requisiti già a partire dal 2016 (ma si pensa ad una possibile estensione fino al 2018). Dicevamo che è una possibilità, che a dire il vero non è gratis, cioè non è senza dolore per le lavoratrici.

Infatti, per anticipare la pensione, queste donne devono accettare il calcolo della pensione, interamente con il metodo contributivo, rinunciando a quella parte di pensione, che in base ai loro contributi poteva essere ottenuta con il più favorevole calcolo retributivo.

Tra quota A e quota B

Il sistema di calcolo con il contributivo prevede che la pensione sia calcolata sul montante dei contributi versati che, naturalmente vanno rivalutati secondo la crescita del PIL.

Il problema per opzione donna è che nonostante si tratti a tutti gli effetti di una pensione anticipata di anzianità, le lavoratrici non saranno trattate alla stregua degli altri lavoratori che usciranno in anticipo oggi senza penalizzazioni. Ai lavoratori che usufruiscono della pensione anticipata quest’anno, l’assegno sarà calcolato con il metodo contributivo ed in parte con il retributivo.

Prendiamo ad esempio un lavoratore che raggiunge 42 anni e 10 mesi di lavoro nel 2016 (41 e 10 mesi per le lavoratrici), e che ha iniziato a lavorare nel 1973. Per la parte di pensione calcolata con il retributivo, vengono fissate delle aliquote di riferimento che si abbassano con l’alzarsi del reddito percepito dai lavoratori. Per i periodi di lavoro svolti fino al 1992 si calcolerà la quota A di pensione, mentre per i periodi successivi, fino al 2011, cioè a prima della Legge Fornero, si dovrà calcolare la quota B. Nel 2016, le aliquote sono del 2% per ogni anno di contributi (massimo 80% per 40 anni di contributi), per redditi fino a 46.123 euro e scendono di scaglione in scaglione (sono 4 per la quota A e 5 per la quota B) fino ad arrivare all’1% per redditi annui superiori a 76.564.

Per calcolare la parte ricadente nella quota A di pensione, si prende come base, la media delle retribuzioni settimanali degli ultimi 5 anni di carriera che poi vanno moltiplicate con le settimane lavorate fino a tutto il 1992. Per la quota B invece si prende la media delle retribuzioni settimanali degli ultimi 10 anni di lavoro e si segue lo stesso procedimento, per le settimane di lavoro svolte dal 1993 al 2011. In definitiva, tanto più lontano le lavoratrici hanno iniziato a versare i contributi, maggiore sarà la penalizzazione che è prevista tra il 25 ed il 35%.