La magistratura recentemente è tornata a parlare di violazione dell’obbligo di mantenimento, che non solo è strettamente legato ad un'esigenza di carattere economico, ma tocca anche la sfera degli interessi morali alla base di un buon rapporto fra colui che generalmente deve prestare l’assistenza (genitore- marito) e l’avente diritto (figlio-moglie). L’articolo 570 del c.p. si apre menzionando appunto un 'generico dovere di assistenza' cui segue l’elencazione di 3 reati sussidiari: ovvero il reato dell’abbandono del domicilio domestico, della dilapidazione dei beni del coniuge o del figlio; delle privazione dei mezzi di sussistenza.

Dottrina e giurisprudenza generalmente tendono ad escludere il reato di omessa prestazione dei mezzi di sussistenza solo ove vi sia una vera e propria indigenza incolpevole, oggettiva e persistente. Non è dunque sufficiente una mera difficoltà economica. E a tal proposito la Suprema Corte con la sentenza n.15432/2016. ha statuito che il solo alibi che esime chi è tenuto a prestare l’assistenza economica da tale obbligo è una totale e incolpevole incapacità economica.

Disoccupazione: quando un alibi per sottrarsi all’obbligo ex art. 570 cp?

I giudici in concreto dunque escludono la responsabilità penale di chi è tenuto a fornire l’assistenza solo sulla base dell’allegazione in giudizio di elementi specifici da cui emerge una 'effettiva impossibilità' di contribuire al sostentamento di figli e del partner.

Ad avviso della Cassazione anche la disoccupazione non esclude di per sé tale responsabilità per l'omesso adempimento degli obblighi di mantenimento. Nel caso di specie, infatti un uomo accusato del reato sopracitato nei confronti della moglie e delle figlie aveva adotto a discolpa proprio lo stato di disoccupazione, che non però è stato ritenuto insufficiente dai giudici di merito.

Proprio perché l’imputato non aveva provato l'elemento soggettivo del reato.

Anche la Suprema Corte, nell’abbracciare le motivazioni dei colleghi di merito, ha rigettato il ricorso dell’uomo. I giudici di legittimità hanno quindi ribadito principi già enunciati in precedenti sentenze di legittimità. Lo stato di disoccupazione e di indigenza dell'imputato deve essere sempre motivato in maniera esauriente proprio perché tale stato, potrebbe essere provocato anche da un suo contegno o come scusa per giustificare l’incapacità di produrre reddito.

A conferma di tale orientamento consolidato, anche il tribunale di Udine con la sentenza n. 484 del 16 febbraio 2016 ha statuito che per salvare il genitore onerato dall’obbligo di mantenimento non basta la mera documentazione formale dello stato di disoccupazione. Egli deve infatti prova di aver preso una serie di iniziative che gli avrebbero consentito di trovare una occupazione lavorativa per adempiere così all’obbligo di mantenimento nei confronti della moglie e dei figli.

Delitti contro la famiglia: sequestrare il bancomat alla moglie è reato

E sempre il tema di delitti contro la famiglia, la Cassazione con la sentenza n.18937/2016 ha condannato invece un marito per il reato di cui all’articolo 572 c.p.

(maltrattamenti in famiglia) perché aveva tagliato tutte le disponibilità economiche alla moglie, lasciandole esclusivamente la carta con un limitato plafond per provvedere alla spesa alimentare. La ratio di questa sentenza evidenzia come si deve parlare di maltrattamenti anche quando la privazione abituale e sistematica delle disponibilità economiche arreca un danno morale e materiale all’altro partner. Nel caso di specie la condotta criminosa era inoltre caratterizzata anche da un maltrattamento quotidiano perpetrato dall’uomo e realizzatosi attraverso insulti, lesioni fisiche, violenze psicologiche e soprusi di carattere sessuale. Secondo gli Ermellini dunque la limitazione della libertà della consorte e l’umiliazione della sua dignità devono confermare anche una condanna per violenza sessuale nei confronti del marito. Per altre info di diritto potete premere il tasto segui.