Ai dipendenti pubblici, e in particolare ai rapporti di lavoro disciplinati dal D.lgs 165/01, non si applicano le modifiche apportate dalla legge Fornero all'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. A dirlo è stata la Corte di Cassazione con sentenza n.11868 del 9 giugno 2016, che si pone in antitesi alla precedente sentenza n. 24157/2015, che di fatto aveva aperto le porte della PA alla riforma Fornero. La Suprema Corte, allora, aveva limitato la reintegra ai casi di "manifesta insussistenza" delle ragioni alla base del licenziamento, con un ragionamento che avrebbe potuto portare anche all'applicazione delle "tutele crescenti"previste dal Jobs Act per gli statali assunti dal 07.03.2014.

La Cassazione, con l'ultima sentenza, ha invece cambiato idea, ribadendo che per gliuffici pubblici l'articolo 18 rimane quello scritto nel 1970, e che la legge Fornero del 2012 e lo Jobs Act del 2014 restano confinati al mondo privato. Gli "Ermellini", ritengono che la riforma Fornero tiene conto unicamente delle esigenze dell'impresa privata. Ne discende che la riformulazione dell'articolo 18 introduce una modulazione delle sanzioni riguardanti solo il settore privato.

Il caso: dipendente pubblico licenziato per doppio lavoro

Il caso da cui trae origine la presente sentenza ha riguardato un dipendentedel Ministero delle Infrastrutture che risultava in servizio negli stessi giorni sia a Roma che a Bussolengo, in provincia di Verona, senza che vi fosse alcuna traccia di viaggi aerei.

Da qui è scattato il licenziamento, perché il funzionario svolgeva un doppio lavoro. Dopo il ricorso da lui proposto prima in Tribunale, poi in Corte d’Appello, quest’ultima gli ha riconosciuto 6 mesi di indennità,come previsto dalla legge Fornero per i licenziamenti "legittimi".

La controversia è finita in Cassazione, dove il ministero ha fatto reclamo contro i 6 mesi di risarcimento.

La Suprema Corte, nel confermare il licenziamento perché i fatti erano provati, ha rinviato il giudizio in Corte d’Appello che dovrà rivedere la questione. Gli "Ermellini", così, hanno confermato l’esistenza di un doppio binario tra privato e pubblico per le regole sui licenziamenti. Logica conseguenza è che per i dipendenti pubblici, in caso di licenziamento illegittimo, scatta sempre il reintegro nel posto di lavoro, senza applicare lo Jobs act, che limita il reinserimento ai casi di licenziamento discriminatorio.

La conferma di un doppio binario fra pubblico e privato

La motivazione dei giudici di legittimità, che peraltro non è stata del tutto unanime, ha passato in rassegna anche l’intrico normativo del TU del pubblico impiego (che contempla l'applicabilità dello Statuto dei Lavoratori ai dipendenti delle PA a prescindere dal numero degli assunti) e la riforma Fornero. La legge 92/2012 ha riscritto i meccanismi di tutela per i licenziamenti economici, e ha sottolineato che le novità "costituiscono principi e criteri per la regolazione dei rapporti di lavoro" negli uffici pubblici. Toccava però al ministero per la PA definire tali "ambiti, modalità e tempi dell’armonizzazione".

Ma proprio perché nessuna iniziativa è stata finora presa, gli "Ermellini" prudentemente hanno sottolineato l’impossibilità di un adeguamento "automatico" del TU del pubblico impiego alle riforme dello Statuto dei lavoratori.

In breve, hanno anche posto l'accento sul fatto che le regole attuative previste per l'estensione della riforma Fornero alla Pa non sono state ancora scritte. Mentre i giuslavoristi parlano di disuguaglianza insostenibile fra pubblico e privato, le motivazioni di tale decisione sono state invece accolte con favore dai sindacati di categoria. Secondo la segretaria generale della Cgil: "la sentenza della Cassazione dimostra che le istituzioni continuano a funzionare". Per altre info di diritto potete premere il tasto "segui" accanto al nome dell'autore dell'articolo.