Novità per quanto riguarda lo status di disoccupato: chi riceve l’indennità di disoccupazione Naspi potrà svolgere lavori dai quali percepisce un reddito minimo al di sotto delle soglie d’imposizione Irpef, che sono di 8000 euro l’anno per i lavoratori dipendenti e 4800 euro per i lavoratori autonomi.
Lo stabilisce un decreto approvato dal governo, correttivo di una precedente norma contenuta nel Jobs Act seconda la quale il disoccupato che accettava di svolgere un qualsiasi lavoro, anche con una retribuzione minima, perdeva il diritto all’assegno di disoccupazione Naspi.
Il nuovo decreto sulla Naspi
Il decreto approvato dal governo interviene sulla situazione in cui spesso i disoccupati che percepiscono l’indennità prevista dalla Naspi vengono a trovarsi e cioè decidere se accettare un lavoro, anche temporaneo e con una retribuzione minima, in cambio della rinuncia all’assegno di disoccupazione. Una eventualità che, spesso, dava origine a rapporti di lavoro in nero.
Lo stesso Maurizio Del Conte, presidente nella nuova Agenzia per l’occupazione Anpal, sostiene che la correzione apportata dal decreto conferma la volontà del governo di favorire l’emersione del lavoro nero inserendo nella platea di aventi diritto all’indennità Naspi anche i lavoratori pagati col sistema dei voucher.
Una norma, quindi, utile a non disincentivare la ricerca di lavori, anche saltuari, da parte dei disoccupati che percepiscono una indennità di disoccupazione.
L’indennità di disoccupazione Naspi
La Naspi è stata istituita con la legge di riforma del lavoro Jobs Act e viene erogata dell’Inps ai lavoratori che rimangono disoccupati ed è soggetta alla sottoscrizione da parte del disoccupato di un Patto di servizio con il quale si impegna a partecipare ad iniziative di formazione e di orientamento, pena la sospensione o decadenza dello status di disoccupato e, quindi, del sussidio stesso.
Un meccanismo alquanto farraginoso che avrebbe dovuto, secondo i sostenitori della legge, disincentivare la nascita di lavoro nero, ma evidentemente non è stato così, visto che è stato necessario ricorrere ad un ulteriore decreto per eliminare un meccanismo che, invece, sembrava essere proprio una istigazione ai rapporti di lavoro non regolamentati.