Il governo Renzi ha chiamato la riforma della cosiddetta 'chiamata diretta' la vera rivoluzione che il mondo della Scuola attendeva da anni: le procedure sono in partenza e la tempistica 'strettissima' sembra poter causare alcuni ritardi nell'insediamento dei docenti per l'anno scolastico 2016/2017. Ad essere sotto accusa sono due questioni soprattutto: una di 'metodo', con il Miur che ha fatto saltare la trattativa con i sindacati all'improvviso, quando sembrava sempre più possibile l'accordo; una di 'merito', in quanto il Miur, di fatto, ha ribadito la piena discrezionalità dei dirigenti scolastici nella scelta del personale docente della 'propria' scuola.
I sindacati rappresentativi della categoria (Cgil, Cisl, Uil e Snals) annunciano ricorsi sia al tribunale amministrativo che al Giudice del Lavoro, mentre l'Anief ha già aperto le iscrizioni per il ricorso che intende giungere fino alla Corte Costituzionale per ottenere sentenza di 'incostituzionalità' sulla norma (ad essere impugnato sarà il precedente del 2012).
I ricorsi in avvio contro la chiamata diretta dei docenti scuola
L'Anief annuncia l'apertura dei ricorsi contro la cosiddetta 'chiamata diretta' dei docenti scuola e, sui profili di incostituzionalità, richiama la sentenza della Consulta del 2012 che 'bocciò' un provvedimento simile istituito nella Regione Lombardia. Il percorso che intende svolgere il sindacato è il seguente: ricorso al TAR e poi richiesta di intervento della Corte Costituzionale.
A poter partecipare al ricorso sono tutti i docenti di ruolo che sono coinvolti nella 'riforma' del reclutamento: i docenti delle fasi B1, B2 e B3; quelli della fase C (i neoassunti del 2015) e quelli della fase D (neoassunti del 2015 ma tramite concorso e GaE). Tutte le informazioni specifiche sull'azione giudiziaria possono essere trovate sul sito del sindacato.
Anche Cgil, Cisl, Uil e Snals hanno intenzione di adire le vie legali contro la 'chiamata diretta' ed è proprio di alcuni giorni fa l'avvertimento ai dirigenti scolastici di Pantaleo della Cgil: i presidi, per tutelarsi contro le azioni legali che potrebbero essere innumerevoli, dovrebbero utilizzare il punteggio e non i poteri discrezionali concessi loro.
L'azione dovrebbe essere duplice: al TAR si impugneranno tutti gli atti e le procedure amministrative che non rispettano i criteri minimi di regolarità e correttezza; al Tribunale del Lavoro si impugneranno tutti i casi in cui i docenti hanno subito una penalizzazione (ad esempio, un docente con minore punteggio preferito a quello con maggiore punteggio). Per aggiornamenti, cliccate su 'Segui' in alto sopra l'articolo.