Riflettori puntati sull’incontro tra il Governo e i sindacati di mercoledì 21 settembre 2016, nel quale si proverà a rispondere alle istanze di pensione anticipata. Sul tavolo l’esecutivo calerà l’Ape, anticipo pensionistico fino a 3 anni e 7 mesi sugli attuali requisiti di vecchiaia con prestito bancario assicurato da rimborsare in venti anni a partire dalla data della pensione ordinaria. Sperimentale per due anni, l’Ape riguarderà i nati tra il ’51 e il ’53 e i nati tra il ’52 e il ’55, rispettivamente per il 2017 e il 2018. Per raggiungere l’accordo con i sindacati, il Governo ha distinto tre casi diversi, per cui diverso sarà anche il costo per i lavoratori interessati.

Continuano a chiedere a gran voce la “quota 41”, intanto, i lavoratori precoci, ai quali dovrebbero arrivare delle risposte proprio dall’incontro di questo mercoledì. Vediamo, allora, le ultime notiziein vistadell’atteso incontro tra Governo e sindacati.

Pensioni anticipate, i tre casi di Ape

Valida per tutti i lavoratori dipendenti del settore privato e pubblico e per gli autonomi, l’Ape contempla tre casi. Il primo caso è l’Ape volontaria: qui, per chi sceglie di anticipare l'uscita dal lavoro, il costo dell’operazione sarà completamente a carico del lavoratore, con una trattenuta sulla pensione che potrà variare dal 5 al 25% (più alto il costo, ovviamente, per chi anticipa l’uscita fino al limite massimo di 3 anni e 7 mesi).

Secondo caso è l'Ape concordata con il datore di lavoro in casi di crisi o ristrutturazione, dove parte del costo di anticipo(non ancora definito “il quanto”) sarà a carico dell’azienda. Terzo e ultimo caso è l’Ape social, per cui, in alcuni casi, il costo dell'anticipo sarà fiscalizzato a carico dello Stato. Ciò accadrà, ad esempio, per quei disoccupati rimasti senza ammortizzatori con carichi familiari o reddito basso e con assegno pensionistico, a regime, inferiore ai 1.300-1.400 euro lordi.

Quota 41 precoci: mercoledì arriveranno delle risposte?

Se da un lato l'APEsembra ormai in dirittura arrivo (ma - come previsto anche da Il Sole 24 ore in un articolo di oggi - difficilmente l’accordo con i sindacati sarà totale), parallelamente i lavoratori precoci continuano a chiedere a gran voce la cosiddetta “quota 41”: cittadini che hanno iniziato a lavorare molto presto, maturando quindi molti anni di contributi prima degli altri lavoratori, i lavoratori precoci chiedono di andare in pensione al raggiungimento dei 41 anni di contributi, senza penalizzazioni, anziché dei 42 anni e 6 mesi per gli uomini e i 41 e 6 mesi per le donne attualmente richiesti.

Le rassicurazioni dalla politica non sono mancate, ma sembra proprio che le misure di agevolazione per i precoci, anche se le porte non sono ancora del tutto chiuse, slitteranno ancora: non più tardi di una settimana fa, infatti, il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha messo in evidenza come la questione dei lavoratori precoci sia "molto difficile da affrontare, per l’alto livello di costi”. Poletti ha aggiunto poi che, per trovare una soluzione, occorre "fare i conti, ed è quello che faremo" in occasione dell'incontro del 21 settembre. Dall’incontro di questo mercoledì, allora, i lavoratori precoci attendono risposte. Arriveranno?