Un Decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale mercoledì 23 novembre ha confermato lo stop alle rivalutazioni delle Pensioni. Si tratta di un Decreto Interministeriale, cioè di un atto fatto in concorso da Ministero dell’Economia e Ministero del Lavoro. Il Decreto ha ufficializzato i dati delle rivalutazioni delle pensioni per il biennio 2015 e 2016 e le notizie per i pensionati non sono buone.
Di cosa si tratta?
L’argomento è sicuramente noto alla stragrande maggioranza dei pensionati che ogni gennaio, di norma, si ritrovano qualche euro in più di pensione per via della rivalutazione degli assegni.
SI tratta del meccanismo che negli anni 80 era definito “scala mobile”, cioè l’aumento delle pensioni per rendere di pari passo all’inflazione. Oggi si chiama perequazione, ma nella struttura, il meccanismo è sempre lo stesso, cioè adeguare gli assegni al tasso annuo di inflazione, rivalutandoli. Un articolo del noto quotidiano economico-finanziario, “il Sole24Ore”, ha riportato il contenuto del decreto che riferendosi al tasso di inflazione, essendo quest’ultimo di segno negativo, comporterà lo stop alle rivalutazioni per l’anno venturo. I pensionati percepiranno quindi gli stessi importi percepiti nel 2016, questo nella migliore delle ipotesi, perché il rischio concreto è che si potrebbe dover restituire qualcosa.
Inflazione ferma anche nel 2015
L’inflazione, cioè l’aumento medio del costo della vita che negli anni precedenti il 2015 tendeva a salire in maniera più o meno costante, dal 2015 è di segno negativo. Nel decreto viene confermato un tasso di inflazione arrotondato a zero perché lo permette una clausola inserita nella scorsa Legge di Stabilità che non consentiva rivalutazioni inferiori allo zero.
La rivalutazione delle pensioni, come sempre è a carattere provvisorio, perché si basa su una teorica inflazione calcolata sul 2016, quando ancora l’anno solare deve volgere a termine. In base a questo meccanismo, il mancato aumento delle pensioni nel 2017, rischia di essere il problema meno grave. Nella scorsa Legge di Stabilità, quando si fece la stessa operazione per le pensioni 2016, si calcolò un tasso di inflazione intorno all’1%, aumento che non c’è stato.
Inoltre ci sarebbe da fare i conti con lo 0,10% di discordanza tra inflazione prevista ed effettiva per quanto riguarda il 2015. Dalla manovra finanziaria precedente, quindi, risulta in eredità per il 2017 il recupero delle cifre erroneamente erogate a fronte di tutte queste previsioni inflattive non confermate dalla realtà. In parole povere, con la pensione di gennaio, in assenza di altri interventi normativi, si percepirà qualcosa in meno. In soldoni, su una pensione da 1.400 euro lordi, si dovrebbe rimborsare qualcosa come 18 euro a gennaio. Paradossalmente, più alta la pensione percepita inferiore sarà la cifra da restituire (in percentuale), perché la perequazione è inversamente proporzionale all’importo della pensione.
Notizie negative quindi per i pensionati, a maggior ragione se si pensa che per le pensioni molto alte e per i vitalizi, succederà l’opposto. Infatti, essendo stato eliminato il contributo di solidarietà, nel 2017 le pensioni d’oro torneranno ad essere di importo pieno, cioè percepiranno di più proprio per via di quel contributo nato con il Governo Letta.