È già passata una settimana da quando si sono completate le audizioni alla Legge di Bilancio in Parlamento. Sulla questione rinnovo del contratto per i lavoratori delle Pubbliche Amministrazioni, tutti i sindacati hanno espresso il loro parere sugli interventi che il Governo ha intenzione di attuare per sbloccare una situazione ormai ferma da troppi anni. L’impressione è che un accordo sia ben lontano dall’essere trovato e, stando alla situazione attuale, tra cifre stanziate e richieste, sembra improbabile ipotizzare il raggiungimento di un'intesa definitiva.

Una sentenza ancora da applicare

La situazione del contratto per i dipendenti statali, dal punto di vista normativo, è sorta nel luglio del 2015, quando venne depositata la sentenza n° 178 della Corte costituzionale, che definì incostituzionale il blocco dei contratti presente nel decreto Salva Italia del Governo Monti. La sentenza condannò l'Esecutivo a provvedere nell’immediato allo sblocco dei contratti e al loro relativo adeguamento ai tassi di inflazione, ovvero al meccanismo della perequazione di cui tanto si parla.

La vicenda, a più di un anno dalla sentenza, è ancora in alto mare, con la Pubblica Amministrazione che attende ancora il completamento della riforma Madia. È ancora in ballo la questione relativa ai meccanismi di spartizione dei premi previsti dalla riforma Brunetta e mai resi effettivi, senza dimenticare le assunzioni nella scuola, le stabilizzazioni dei precari e i rinnovi negli altri comparti.

Praticamente, stando a quanto comunicato dal Governo, per il mondo della Pubblica Amministrazione ci sono quasi 2 miliardi da spendere. Ma di questi, solo 700 milioni sembrano destinati al capitolo rinnovo contrattuale dei dipendenti statali.

A quanto ammonterebbero gli aumenti?

Nella scorsa Legge di Stabilità, furono 300 i milioni messi a bilancio per gli statali, cifra che, a quanto pare, è salita di 400 milioni grazie a quanto stanziato nella nuova Legge di Bilancio.

Parlavamo di riforma Brunetta, di premi di produzione erogati a fasce in base ad un meccanismo meritocratico: una soluzione potrebbe essere quella di concedere gli aumenti allo stesso modo, ossia solo ai meritevoli. In secondo luogo, si potrebbe applicare il meccanismo reddituale, cioè aumentare gli stipendi solo a coloro che lo hanno più basso.

Tutto questo per evitare di erogare aumenti di pochi euro, che fanno storcere il naso ai sindacati e ai lavoratori.

A conti fatti, infatti, dividere 700 milioni tra i 3,2 milioni di lavoratori di cui consta l’organico del lavoro statale in Italia, significherebbe concedere poco più di 16 euro al mese di aumenti. Nelle audizioni di cui abbiamo parlato in precedenza, i sindacati hanno dichiarato di essere poco propensi ad accettare aumenti irrisori, a fronte di 7 anni di blocco del contratto. A dire il vero, ammiccamenti veri e propri latitano, così come mancano incontri e confronti, nonostante la Madia abbia delegato all’ARAN, l’agenzia per la contrattazione, il compito di provvedere ad intavolare una trattativa.