Le novità previdenziali inserite nella Legge di Stabilità che è entrata in vigore da pochi giorni, procedono secondo programmi. Le notizie allarmanti (per il Governo) provenienti da Bruxelles che indicano alcuni richiami che la Commissione Europea ha mosso in materia di conti pubblici all’Italia non metteranno a rischio il pacchetto. Nessuno slittamento e nessun correttivo al pacchetto che per febbraio dovrebbe completare la sua attuazione con i classici decreti del Consiglio dei Ministri. I tempi comunque sono ristretti e soprattutto, non è ancora chiaro se i fondi destinati saranno sufficienti o meno.

Platee numerose per le due novità

In una intervista rilasciata al quotidiano “il Corriere della Sera”, un economista dell’Università Statale di Milano, Marco Leonardi ha confermato quanto fuoriuscito dal Governo circa l’attuazione delle novità previdenziali, confermando le misure ma tenendo bene a mente che queste sono fino ad esaurimento risorse. Secondo l’economista, per il 2017 sono 300mila i lavoratori che avrebbero i requisiti per accedere all’APE e 35mila sono quelli che rientrerebbero nella versione sociale di anticipo pensionistico, che poi è la versione che presenta costi per lo Stato. Per i precoci che potrebbero beneficiare di Quota 41 invece, il numero sarebbe 25mila.

Soprattutto l’APE, essendo una misura sperimentale, sarà sottoposta ad un attento monitoraggio da parte dei Ministeri.

Infatti, nel caso in cui le risorse risultassero insufficienti per tutte le domande pervenute, si potrebbe far slittare la decorrenza delle Pensioni al 2018, quando, sempre secondo i dati dell’economista, la platea di lavoratori che potrebbero richiedere la versione assistenziale di APE, scenderà sotto i 20mila.

Come funzionano le misure

Saranno i decreti attuativi a stabilire meglio queste particolarità perché l’APE, per esempio, resta una misura molto flessibile, con il pensionato libero di scegliere quando e in che misura uscire dal lavoro. Numeri certi circa la spesa pubblica e sul numero di domande che saranno presentate non sono certe e forse nemmeno i decreti faranno luce.

Inoltre, i tempi stringono perché ci sono ancora da stipulare gli accordi con l’ABI, l’Associazione Bancaria Italiana e l’ANIA, l’Associazione delle Imprese Assicuratrici. Solo allora si avrà il quadro completo di che interessi si pagheranno ed a quanto ammonteranno le spese per le assicurazioni. Il tasso di cui si parla oggi, cioè tra il 4,5 ed il 5% e l’onere assicurativo pari al 29% del capitale finanziato come APE, sono ad oggi solo teorici. Resta certo solo l’apparato strutturale delle due misure.

Per l’APE, i lavoratori che hanno tra i 63 ed i 66 anni, dovranno chiedere all’INPS di certificare il diritto all’anticipo pensionistico. Poi si passerà alla domanda vera e propria di APE, con il lavoratore libero di continuare a lavorare, di passare al part time, di scegliere che importo di pensione richiedere, cioè che percentuale di APE farsi erogare.

Innanzitutto bisogna sapere che per accedere all’APE, il lavoratore dovrà aver maturato una pensione pari ad almeno 702 euro al mese. La percentuale di APE che si può richiedere dovrebbe essere massimo del 90% per chi ha già 65 anni, cioè per coloro che chiederanno un anno di anticipo. Per anticipi anche di 3 anni e 7 mesi (quello massimo), la percentuale richiedibile dovrebbe essere massimo del 75%, con un importo minimo di APE di 150 euro. Il meccanismo è alquanto complicato con la rata di pensione che lo Stato dovrà restituire a nome del pensionato dopo l’anticipo, che non potrà superare il 30% della pensione futura del pensionato.