Un provvedimento sul quale il Governo si è speso da due manovre finanziarie a questa parte è opzione donna. La misura che consente alle lavoratrici di lasciare il lavoro con diversi anni di anticipo è stata al centro del dibattito per molti mesi. Il Governo aveva dato appuntamento allo scorso settembre, per presentare i risultati del monitoraggio della sperimentazione. Con sensibile ritardo, i risultati sono arrivati in questi giorni, in risposta ad una interrogazione al Ministro Poletti, da parte della Parlamentare Renata Polverini. Viene resa disponibile la tabella con il contatore delle Pensioni erogate in regime opzione donna.
La tabella riporta i dati comunicati ufficialmente nella consueta presentazione delle statistiche Inps dello scorso 3 febbraio.
I risultati
Il quadro riportato dalla tabella fornita in Commissione e che rispondeva all’interrogazione della Polverini mostra dati al di sotto delle stime del Governo. L’interrogazione chiedeva esplicitamente i risultati distinti per tipologia di lavoratrici ed anche gli importi delle pensioni, in modo da avere più nitido l’esito della sperimentazione. Dai risultati che hanno matrice statistica dell'INPS, si evince che nel 2016, l’anno di inizio della sperimentazione, sono state erogate 16.790 pensioni in regime opzione donna. Di queste, 9.287 tra le lavoratrici dipendenti del settore privato e 4.291 tra le dipendenti pubbliche.
Vanno aggiunte poi, le 3.212 lavoratrici autonome che portano il totale delle pensioni erogate nel 2016 a 16.790. Va ricordato che nel 2016, opzione donna era appannaggio delle lavoratrici che avevano 57 anni e 3 mesi di età con 35 anni di contributi al 31 dicembre 2015. Secondo le stime del Governo, dovevano essere 36.000 le lavoratrici che potevano lasciare il lavoro grazie a questa misura.
Evidente la disparità tra previsioni e risultati ufficiali. Nella Legge di Bilancio che è in vigore dal 1° gennaio, viene estesa la possibilità di uscita alle donne con 57 anni e 7 mesi di età, compiuti entro il 31 luglio 2016. I 35 anni di contributi restano da perfezionare entro il 31 dicembre 2015. Anche l’inizio del nuovo anno, presenta un trend inferiore alle attese, con 1.953 le pensioni erogate con questo regime.
Di queste, 1.269 nel privato, 369 nel Pubblico Impiego e 315 tra le autonome.
La misura diventerà strutturale?
L’esito del monitoraggio spinge all’ottimismo tra quanti chiedevano di rendere opzione donna fruibile per tutte. Gruppi e comitati, nati proprio per chiedere l’estensione della misura a quante più lavoratrici possibili, sono tra quelli che auspicano una inversione di rotta sul provvedimento. Le cifre poi sono dalla parte di quelli che chiedono una misura strutturale, cioè definitiva, come lo è quella sui lavori usuranti. A conti fatti, le pensioni erogate in regime di opzione donna sono di importi molto inferiori e rendono la misura perfettamente finanziabile. Anzi, nel lungo termine, i risparmi ottenuti potrebbero confluire in altre necessità previdenziali a corto di liquidità.
Le pensioni erogate nel 2016 per esempio, alle statali hanno importi medi vicini ai 1.250 euro. Per le private si scende a 1.026 euro e addirittura a 700 euro circa per le autonome. A conti fatti, pensioni di questi importi, con 35 anni di contributi, significano tagli pesanti in virtù dell’anticipo. Il problema è sempre il ricalcolo esclusivamente contributivo degli assegni, cioè il sacrificio chiesto alle lavoratrici, sull’altare della pensione anticipata. Evidente che non tutte le donne che annualmente rientrerebbero nei requisiti di opzione donna, essendo facoltativa, sceglieranno di lasciare il lavoro. Se la media è quella delle tabelle, con i soldi stanziati nell’ultima Legge di Bilancio, si potrebbe arrivare anche oltre il 2018 che è l’anno a cui fanno riferimento le richieste di estensione dei comitati.