Sono passati oltre 2 mesi dall’accordo Governo-sindacati in materia rinnovo del contratto del Pubblico Impiego. In più, sono trascorsi più di 30 giorni dall’entrata in vigore della Legge di Stabilità che ha stabilito le cifre destinate al Pubblico Impiego, tra contratto e riforma. Ad oggi però restano più dubbi che certezze per i lavoratori e per i loro rappresentanti. L’unica cosa certa è l’inasprimento delle sanzioni e la maggior durezza nei confronti dei lavoratori, dalle visite fiscali ai licenziamenti. Sul sito della UIL, il segretario confederale del sindacato, Antonio Foccillo, contesta il decalogo sui licenziamenti e la piega che sta prendendo una riforma Madia che vessa in maniera evidente i lavoratori e non riserva niente a tutela dei loro diritti.

Il rinnovo del contratto

Ci si era lasciati ai famosi 85 euro di aumento pro capite, cioè a testa per ciascun dipendente e soprattutto, lordi e non netti. L’accordo sottoscritto anche dalla UIL, sancì un piccolo passo indietro per quanto riguarda le richieste delle tre grandi sigle sindacali. Infatti, per i rappresentanti dei lavoratori, 85 euro sarebbe stata la cifra minima di aumento per ciascun dipendente. L’assenza di un rinnovo che da oltre 7 anni risulta bloccato, la sentenza della Consulta che ha bocciato il blocco della Fornero, la vacanza contrattuale non pagata, erano tutti fattori che inizialmente, i sindacati rivendicavano. Fatto sta che piaccia o no, la base di partenza del rinnovo aveva avuto l’ok sulle cifre offerte dalla Madia e dal governo.

Oggi però, di questo aumento poco si parla, tanto è vero che proprio Foccillo chiede urgenti incontri chiarificatori, prima dell’emanazione dei decreti attuativi previsti per metà febbraio. Resta il fatto che una trattativa vera e propria sul rinnovo, ancora deve essere aperta tra sindacati ed Aran.

Da un decalogo all’altro

La UIL, dal proprio portale ufficiale, contesta il decalogo sui licenziamenti dei lavoratori statali, accusando lo stesso di essere un provvedimento lesivo della dignità dei lavoratori.

Giusto combattere i furbetti del cartellino e le assenze per allungare il week-end, ma utilizzando le norme che già ci sono e punendo coloro che non le fanno rispettare. Il decalogo sui licenziamenti che si vuole inserire nel Testo Unico del Pubblico Impiego, prosegue la linea della vessazione e della gogna mediatica di cui i lavoratori statali da tempo sono oggetto.

La UIL arriva addirittura a proporre un suo decalogo, con tutte le richieste da parte delle parti sociali e quindi dei lavoratori rappresentati.

Tra i 10 punti, aprire immediatamente il tavolo della trattativa sul rinnovo è al primo posto. Così come va sbloccata la contrattazione di secondo livello e va riequilibrato il rapporto tra Legge e contratto, dando maggiore importanza a quest’ultimo. Per evitare la cancellazione di servizi utili al cittadino, vanno riordinate istituzionalmente province, città metropolitane e camere di commercio. Un occhio di riguardo anche alla stabilizzazione dei precari nella Pubblica Amministrazione con la chiusura delle interminabili liste di attesa degli idonei ai concorsi.

Un dato dimostra come a fronte di 4.471 vincitori di concorsi pubblici, ci siano oltre 150.000 idonei. Il fatto poi che vengano assunti più idonei che vincitori (vista la disparità nei numeri) crea false aspettative tra tanti che anche ottenendo risultati positivi ai test, risultano non vincitori di concorso. Di fatto, la riforma deve vertere su un sistema di reclutamento basato più sul fabbisogno di organico che sulle liste o gli elenchi. Nella scuola, la UIL chiede che venga data maggiore importanza a quella pubblica, con più sostegno da parte del Ministero e riducendo il finanziamento alle scuole private.