"Occorre valorizzare e tutelare i lavori di cura ai fini previdenziali", lo ha affermato il deputato del Partito Democratico Maria Luisa Gnecchi che ha definito la Fase 2 del confronto come una priorità del Governo dopo aver chiuso seppure parzialmente il capitolo Pensioni con il passaggio dei decreti attuativi su Ape Social e Quota 41 alla Corte dei Conti.

Ecco i temi da affrontare con la Fase 2

Sono tanti gli argomenti che dovrebbero essere affrontati secondo l'accordo siglato lo scorso settembre a Palazzo Chigi. In primo luogo, infatti, dovrà essere affrontato il tema della previdenza complementare legata anche al futuro previdenziale delle giovani generazioni visto che molto spesso sono costretti a svolgere lavori saltuari.

Stando alle richieste dell'onorevole del Pd Maria Luisa Gnecchi, rimane fondamentale anche aprire una parentesi per quanto riguarda la parità di trattamento fra uomini e donne oltre al riconoscimento dei lavori di cura e assistenza ai fini previdenziali. "Finchè non ci sarà una eguaglianza sostanziale nei carichi di lavoro, non è tollerabile che il doppio, il triplo, il quadruplo lavoro sia svolto gratis dalle donne", ha aggiunto la Gnecchi.

Da affrontare anche il tema dei precoci

Di certo, non potrà essere tralasciato il delicato tema dei lavoratori precoci visto che la Legge di Stabilità 2017 ha previsto una copertura previdenziale solo per le categorie più svantaggiate lasciando esclusa la maggioranza di lavoratori che hanno iniziato a versare i contributi in giovane età.

A margine della Fase 2, infatti, il Governo potrebbe essere chiamato a rispondere alle richieste della delegazione dei lavoratori precoci che da alcuni mesi hanno avviato alcune mobilitazioni con l'appoggio delle parti sociali al fine di giungere ad un'estensione del meccanismo di Quota 41 a tutti i lavoratori.

Intanto, si attende la registrazione dei decreti attuativi che dovrebbero dare attuazione alle misure previdenziale da parte della Corte dei Conti e la successiva pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale ma a preoccupare di più è il ritardo del decreto sull'Ape volontario che dovrebbe garantire una copertura previdenziale a circa 30 mila persone dipendenti del settore privato e pubblico che hanno già raggiunto almeno 63 anni di età anagrafica e 20 anni di contributi effettivamente versati e che dovrebbero far fronte ad una sorta di prestito ventennale da restituire nel momento in cui vengono raggiunti i requisiti per la pensione di vecchiaia.